lunedì 27 maggio 2013

UN KARMA YOGI – Swami Sivananda Saraswati –

Tratto da YOGA GOLDEN JUBILEE Year1 – issue 6 -  June 2012 pag. 27

“Un karma yogi dovrebbe essere libero da adhi e vyadhi, malattie della mente e del corpo.

Un karma yogi non dovrebbe perdere tempo ma fare il suo lavoro adesso. La procrastinazione è il nemico più grande di un karma yogi.

Un karma yogi dovrebbe avere coraggio, pazienza e perseveranza. Anche se fallisce venti volte, dovrebbe ancorarsi al suo lavoro con determinazione, tenacità e volontà di ferro.

Un karma yogi dovrebbe essere in grado di muoversi e mischiarsi con tutti senza distinzione di casta, credo e colore. Dovrebbe avere una perfetta adattabilità, essere comprensivo e tollerante.

Un karma yogi deve disciplinarsi, controllare la mente, controllare i sensi e bruciare il suo egoismo alla radice.

Un karma yogi dovrebbe avere un cuore omnicomprensivo e una mente ferma e bilanciata.

Un karma yogi deve uscire dal circolo vizioso dell’egoismo e sviluppare una visione più ampia e atmabhava, il sentimento di unione con tutti.

Un karma yogi dovrebbe assolutamente essere senza paura. Una persona timida non è adatta per il karma yoga”

martedì 21 maggio 2013

Quali sono le cause della malattia?


Satsang with a Paramahams
From satsang by Swami Niranjanananda Saraswati
(Ganga Darshan, Munger, 1987-89)

C’è solo una causa che lega ogni altra causa ed è lo squilibrio. Che sia ecologico o attinente al nostro stile di vita, dieta, mente, modo di pensare, la cosa principale rimane lo squilibrio. Quello fisico è la causa dei difetti posturali: spalle curve o altri tipi di disagi fisici. I problemi di stomaco derivano da una dieta disarmonica. Lo squilibrio mentale nasce dal conflitto e dalla tensione emotiva. Per esempio, se in una famiglia il marito desidera qualcosa e la moglie vuole qualcos’altro ecco che c’è conflitto che può sfociare nell’ipertensione, nel diabete e in problemi cardiaci. Quando ci sono desideri soppressi o ambizioni frustrate, questo può condurre all’asma.
Poi c’è lo sbilanciamento spirituale, quando la mente è troppo esteriorizzata e cerca piacere e soddisfazione all’esterno. Questo porta ad una dispersione mentale, “Ashanti”, perdita delle facoltà mentali e dell’equilibrio interiore. Quindi l’unica parola per definire la malattia è “squilibrio”. Possiamo notare tutto questo anche nello squilibrio ecologico che genera molte malattie e problemi.
Lo yoga dice che per prima cosa bisogna correggere le disarmonie del corpo. Questo incrementerà la resistenza fisica e la capacità di controllare gli influssi di altri fattori che creano disagio. Lo squilibrio mentale può essere rimosso dalle pratiche di pratyahara e dharana, come il mantra, antar mouna, ajapa japa, trataka e yoga nidra. In questo processo di rimozione dello sbilanciamento mentale inizialmente si otterrà pace e tranquillità per poi essere in grado di bilanciare emozioni, desideri e pensieri. Infine potremo gestire anche le energie che controllano le funzionalità di corpo, mente e prana. Il risultato di tutto è una salute ottimale.
Lo yoga non ha mai considerato una malattia o una patologia meramente fisiologica o psicologica ma l’ ha sempre considerata inserita nel contesto globale della personalità umana. La depressione può essere eliminata con la semplice pratica di pawanmuktasana di muovere le dita dei piedi su e giù dieci volte se è dovuta ad una disarmonia fisica, pranica o psicologica. Non è necessario mettersi sulla testa in sirshasana o praticare vigorose tecniche di pranayama.
Ad ogni modo dobbiamo anche identificare quale livello della nostra personalità è stato colpito da una disarmonia interna od esterna. Lo yoga ha individuato cinque stadi, corpi, involucri:
           1- Annamaya kosha – la parte grossolana esterna fatta di ossa, muscoli, midollo, vasi sanguigni e così via;
           2- Pranamaya kosha – il campo dell’energia o meglio il corpo pranico;
         3-   Manomaya kosha – la mente, i sentimenti che proviamo, i pensieri che ci affliggono, i desideri che auto generiamo, le ambizioni che inibiscono il nostro progresso, le vritti, tendenze, i guna e le diverse nature che dominano la nostra personalità;
         4-Vijyanamaya kosha – la nostra intelligenza che è basata sulla buddhi che è trascendentale pur rimanendo nella forma di viveka, la forma discriminatoria;
           5-Anandamaya kosha – la natura dell’unità dello spirito.
Tutti questi livelli, strati, della nostra persona possono essere colpiti e di conseguenza devono essere gestiti.
Una malattia può seriamente danneggiare un particolare strato della nostra personalità. Un problema cardiaco può inficiare  Pranayama e Annamaya kosha, ma gli effetti sugli altri kosha possono anche non essere così seri a meno che non iniziamo a pensare: “Oh sono ammalato, ho avuto un grave attacco di cuore, non posso fare questo o quello” andando così a danneggiare anche il corpo di Manomaya. Facendo così, la nostra condizione generale peggiora ulteriormente. Una malattia deve essere curata su tutti questi tre livelli e creare un bilanciamento dell’aspetto sottile non è per niente facile, ma è necessario.
Lo yoga non pensa di sbarazzarsi dell’aspetto pratico, fisico, grossolano o dei sintomi esterni, ci sono terapie efficaci per questo. La nostra pressione arteriosa scende se prendiamo la pillola adeguata e questo è incontestabile ma non elimina la tensione o l’ansia del nostro stato mentale, stiamo solo domando il sintomo. Lo stesso è con l’asma, quando si manifesta un attacco si cerca subito l’inalatore in modo da dilatare i bronchi e sentirsi meglio ma questo è un sintomo di qualche tensione che è sfociata in una reazione fisica quindi abbiamo trattato il sintomo ma non la causa che ha scatenato l’attacco.
Lo yoga fa tutte queste considerazioni ed è per questo che la terapia yogica richiede molto tempo ma se si riesce ad essere fermi su questo percorso al di là delle vacillazioni mentali, i su e i giù, e se si riesce ad essere costanti con le pratiche proposte, la parte più sottile di noi stessi ne trarrà beneficio e di conseguenza con il tempo anche la parte fisica può trarne vantaggio. Chi sta male si deve ricordare che è necessario concentrarsi e far luce sui propri squilibri in modo da affrontare il problema nel suo totale.
Il primo scopo dello yoga è quello di generare la consapevolezza che c’è un piccolo uomo seduto dentro di noi che sta soffrendo nel nostro stesso modo. Se eliminiamo le tensioni da quell’omino, le elimineremo anche in noi. Quella piccola persona non è niente altro che noi stessi. 




sabato 18 maggio 2013

La differenza fra l’approccio di Satyananda Yoga e altri sistemi Yoga - Seconda Parte -


Come insegnanti (praticanti)di yoga, fate uno schema con i vostri punti di forza e le vostre debolezze, i vostri bisogni e le vostre ambizioni. Scriveteli. Ogni volta che praticate yoga mantenete questo pensiero nella vostra mente: “Questa è la debolezza che devo sconfiggere e questa è il punto di forza che devo coltivare. Questa ambizione fa parte solo della mia fantasia e mi impegnerò per soddisfare i miei bisogni”. Stabilite le priorità in relazione alla vostra personalità per migliorare la qualità della vostra vita. Questo è come si realizza un “Sankalpa”.

Se praticate yoga con un Sankalpa che rinforza la vostra volontà anche le asana, il pranayama, i mudra, i bhanda vi verranno incontro per sviluppare la forza e la qualità che state cercando. Vi aiuteranno anche a superare le debolezze e a gestire ambizioni e necessità.

Ad ogni livello di pratica dovete focalizzarvi e procedere passo dopo passo. Prima attraverso la consapevolezza di Annamaya Kosha (corpo fisico) per rimuovere i blocchi fisici come rigidità e stanchezza, poi attraverso la concentrazione su Pranamaya Kosha (corpo pranico) per rigenerare i differenti organi attraverso il prana. Procedete con il porre attenzione a Manomaya Kosha (corpo mentale) per bilanciare ed armonizzare mente e corpo. Infine attraverso la consapevolezza di Vijnanamaya Kosha (corpo intuitivo) individuate le debolezze, sviluppate forza di carattere e rinforzate la volontà. Se durante la vostra pratica fate esperienza dello yoga in questa maniera e notate dei benefici, insegnatelo anche agli altri, questo permetterà loro di beneficiare dello yoga molto di più rispetto allo yoga insegnato da altre parti.

Swami Satyananda ha enfatizzato la consapevolezza sottile nella nostra pratica yogica. Questa è la differenza fra il sistema Satyananda e altri sistemi di yoga. Il corpo è utilizzato per poter accedere alla mente. Il Prana è usato per accedere alla coscienza. Tutto lo yoga è finalizzato all’armonia spirituale interna e all’equilibrio.
Hari Om Tat Sat

estratto da: Mangrove Mountain, Australia, 2004


martedì 14 maggio 2013

La differenza fra l’approccio di Satyananda Yoga e altri sistemi Yoga - Prima Parte-


(Quale è l’essenza del sistema Bihar/Satyananda Yoga che gli insegnanti di yoga devono proporre agli studenti?)
Swami Niranjanananda Saraswati

Molte “scuole” che insegnano esclusivamente la componente fisica dello yoga, come le asana, seguono il metodo “Feel Good” (sentirsi bene). Distendi il corpo, ti senti sciolto e leggero e dici: “Lo Yoga mi ha aiutato veramente”. Questo fattore del sentirsi bene è superficiale e noi non lo sosteniamo fino in fondo perché pensiamo che il corpo può influenzare la mente in una maniera più profonda.

All’inizio, quando Swami Satyananda iniziò ad insegnare yoga e a formare insegnanti, diceva che quando si praticano le asana non ci si deve identificare con il corpo.

In una prima fase, bisogna diventare consapevoli di Annamaya Kosha – il movimento del corpo, la torsione, la rotazione. Una volta assunta questa consapevolezza di come il corpo risponde alle asana e al movimento da noi imposto, bisogna spostare l’attenzione a Pranamaya Kosha.

Quando iniziamo a praticare “Surya Namaskara” lo consideriamo un esercizio, piegamenti indietro, avanti, allungamenti, contrazioni, ecc. poi in un secondo momento la pratica si connette interamente con il corpo e iniziamo a vedere l’intero corpo coinvolto in un’asana sola, dalle punta delle dita delle mani a quelle dei piedi. Dobbiamo visualizzare noi stessi praticare la postura perfetta prima di assumerla e dobbiamo anche fare esperienza della rigidità, dei fastidi e del dolore.

Con il tempo, se ci abituiamo a fare questo, realizziamo che qualcosa è cambiato, se non riuscivamo a toccare la punta dei piedi adesso i nostri muscoli sono più rilassati e siamo in grado di farlo.  Questa è la connessione con Annamaya Kosha quindi per armonizzarlo, per preparare il corpo, prima visualizziamo poi pratichiamo di conseguenza.

Prima di iniziare una classe di yoga o la propria pratica personale ripetete: “Sto per fare dodici cicli di Surya Namaskara”. Sedetevi per pochi istanti in una posizione meditativa e visualizzatevi mentre praticate. Sentite gli stessi allungamenti e le stesse contrazioni del corpo fisico e dei muscoli come se lo stesse veramente praticando. Dopo avere assunto le posture mentalmente fatelo fisicamente. Vi accorgerete che il vostro corpo risponde in maniera differente e  l’esecuzione risulterà migliore.

Quando avete controllo del vostro corpo, spostatevi verso un’altra dimensione che è “Prana”. Durante la visualizzazione immaginate il movimento del “Prana” nel corpo. Visualizzate il corpo trasparente e osservate il prana che si muove all’interno. Se c’è rigidità o dolore, il prana si bloccherà in quel particolare punto. Quando il prana si muoverà senza blocchi è il momento di iniziare la pratica.

La vostra mente è adesso connessa con qualcosa di più sottile. Soffermatevi un po’ a questo stadio e poi muovetevi verso Manomaya Kosha. Identificatevi con il vostro stato mentale all’inizio della vostra pratica. Siete rilassati, in pace, tesi, disturbati? Poi, mentalmente, lavorate con Ida e Pingala. Se siete tesi ed agitati prima della pratica di un’asana chiudete gli occhi e attivate il principio di Ida non attraverso il pranayama ma con l’autosuggestione e il potere della volontà. Se vi sentite letargici allora attivate Pingala allo stesso modo. Siate consapevoli degli stati mentali e delle energie e cercate di bilanciarli prima di ogni asana, prima di ogni pratica yogica. (1- continua)



giovedì 9 maggio 2013

Cos’è un guru? tratto da un Satsang di Swami Satyananda - 2 parte-


Il significato letterale del termine guru non è insegnante o tutore. E’ una parola sanscrita, ed il suo significato letterale è, “dissipatore dell’oscurità”. Quando si porta una luce in una stanza, l’oscurità viene spazzata via ed ogni cosa viene illuminata. Allo stesso modo, all’interno di voi stessi, all’interno della vostra vita interiore, ci sono molte cose che non siete in grado di vedere, a causa della totale oscurità.  Al massimo, con un po’ di meditazione, potete avere alcune visioni. Talvolta i giovani ricorrono alle droghe per realizzare esperienze diverse, ma è solo come graffiare la crosta della coscienza. Tutte le esperienze ottenute facendo uso di droghe, oppure attraverso questa o quella meditazione, sono esperienze superficiali.

Le esperienze profonde sono fantastiche, come leggerete nelle Upanishad, libri di nada yoga, e altri. Sono le esperienze legate alla realizzazione, ai regni invisibili dell’universo, alla reale vita spirituale. Non sono l’espressione della vostra mente subconscia.
 Al fine di illuminare quelle esperienze, avete bisogno di luce, e quella luce è la luce interiore.

Che cos’è la luce interiore? C’è la luce esteriore, e c’è la luce interiore. La luce esteriore è la luce della mente, e con la luce della mente siete capaci di percepire gli oggetti esterni ed il loro significato. Alcune persone hanno meno luce, alcune altre ne hanno di più. Coloro che hanno meno luce, hanno delle percezioni sbiadite, coloro che sono in possesso di una forte luce hanno una migliore percezione. Si possono relazionare con la natura, con gli oggetti, la musica, le persone, e molte altre cose che li circondano.  E questo è possibile attraverso la luce esteriore, chiamata mente. Allo stesso modo c’è la luce profonda che non ha niente a che vedere con la mente, ma che ha a che fare con l’intuizione. In sanscrito è chiamata atma, la luce del sé.

E’ con la luce del sé, l’atma, l’intuizione, che la profonda conoscenza e le esperienze vengono percepite. Questa luce profonda è conosciuta come guru interiore. Questo è il suo nome. Quindi, io non sono il vostro guru; egli non è il vostro guru; nessuno di voi potrà diventare il guru di qualcuno, ma potete diventare un detonatore nei confronti del guru interiore. Io vi posso aiutare ad esprimere il vostro guru interiore. Avete bisogno di me al fine di realizzare questo guru interiore.

Poichè non siamo in grado di vedere la luce interiore, chiamiamo la guida esterna guru. Quindi dobbiamo usare due termini: “guru” e “satguru”. Il termine guru viene utilizzato per indicare la guida esterna, mentre, il termine satguru corrisponde alla guida interiore. Tuttavia, gli aspiranti sinceri che ricercano sul sentiero spirituale, devono ricordare che il satguru è al loro interno, ma attraverso la mente esteriore essi non potranno avere nessuna comunicazione con esso. Quindi essi hanno bisogno di un guru, questo guru li aiuterà ad ottenere la realizzazione della luce interiore o guida interiore.(2-fine)








Cos’è un guru? tratto da un Satsang di Swami Satyananda -


E’ necessario avere un guru per raggiungere l’autorealizzazione, oppure è possibile guidare se stessi prendendo informazioni da ciò che ci circonda, che si tratti di libri o altro?
Cos’è un guru?

Per apprendere qualsiasi tipo di scienza, è necessario un insegnante. Lo yoga è una scienza. L’autorealizzazione di se stessi è anch’essa una scienza, e per questo, è necessario un insegnante. L’insegnante però non può essere un tutore; deve essere un guru. Per raggiungere la propria realizzazione è necessario aprire le porte della consapevolezza interiore.
Se praticate yoga, meditazione o altre discipline con l’aiuto di libri, potete fare tante esperienze positive, e se siete dotati di intuito e di una mente chiara, potete andare molto lontano nella vita spirituale.

Tuttavia, non tutti sono dotati di intuizione. Ognuno ha i propri limiti, emotivi intellettuali ed intuitivi. Pertanto, è più sicuro avere un guru che vi possa guidare lungo il percorso di auto-consapevolezza, o autorealizzazione. Solo a pochi eletti è concesso di percorrere il sentiero  interamente da soli, non è cosa da tutti. Se facciamo l’errore di dire alle persone che possono farlo senza la guida di un guru, li incoraggiamo a fare qualcosa di rischioso.

Quando vi incamminate lungo questo percorso, la consapevolezza cambia ed anche l’esperienza cambia. Quello che comincia a mutare è la qualità della percezione, e nello stesso tempo, non sapete cosa fare. Non sapete se state impazzendo o se vi state perdendo, oppure se state facendo la cosa giusta. Potreste spaventarvi molto e questo non vale solo per la vita spirituale. Ad esempio, se assumete qualche genere di droga pesante la vostra consapevolezza cambia, senza che siate in grado di sapere cosa fare. Se, quando state praticando la meditazione o qualsiasi altra disciplina, l’esperienza o la consapevolezza cambiano, se sentite qualcosa di inusuale, a chi chiedereste per avere la giusta risposta?

Ora, consideriamo un altro punto. Il guru non è una realtà esterna. Il guru è una realtà interiore. In ognuno di noi c’è l’essere illuminato. Anche voi l’avete, ma non potete comunicare con lui. Come potete contattare quell’essere illuminato all’interno di voi stessi? Quell’essere illuminato, quel guru, è la realtà trascendentale. La vostra consapevolezza è la consapevolezza mondana, e tra questa e l’essere illuminato all’interno di voi stessi, non c’è comunicazione. Per realizzare quella guida profonda (il guru interiore), è necessario un guru esterno.

E’ una semplice legge; per far esplodere una bomba, abbiamo bisogno di un detonatore. Senza di esso non si può fare niente. In altre parole, è come se si disponesse di una cartuccia, ma se non la introduciamo nella canna di un fucile non possiamo usarla, solo allora, potrà esplodere. Nello stesso modo, il guru interiore si deve manifestare. Questa manifestazione del guru interiore può verificarsi occasionalmente in modo spontaneo nelle persone sensibili, ma nella maggior parte delle persone questo non è possibile. Hanno bisogno di un guru esterno che le aiuti. (1-continua)