domenica 7 dicembre 2014

Dinamiche di gruppo e yoga

 di Swami Satyananda Saraswati
da Yogamag giugno 2011

Dopo aver fondato la Bihar School of Yoga a Munger, mi sono dedicato agli esperimenti scientifici condotti in tutto il mondo riguardo agli effetti dello yoga sulla personalità umana. Nei paesi occidentali, i problemi di molte generazioni hanno portato ad un interesse diffuso circa una disciplina di cui avevano sentito parlare ma della quale poco sapevano. Dottori e scienziati hanno iniziato a condurre esperimenti per accertare gli effetti dello yoga sulla mente, sul corpo, sul comportamento umano e sugli stati psicologici.
Abbiamo raccolto materiale sufficiente per dimostrare che lo yoga non è confinato all’evoluzione spirituale ed individuale personale. Lo yoga è qualcosa che contribuisce allo sviluppo di un’atmosfera mentale universale. Abbiamo sempre pensato che un individuo è un’unità separata e che la mente è una branca del cervello. Il cervello pensa e non c’è altro oltre la materia. In realtà, lo yoga sa che la mente non è solo materia e che la mente individuale fa parte di una mente universale ed omogenea. Così come la luce che vediamo qua davanti a noi fa parte di un complesso più grande connesso direttamente o indirettamente con luci provenienti da altre parti, così la mente umana fa parte di un insieme. E dal momento che facciamo parte di questo insieme abbiamo la capacità di influenzarlo anche se abbiamo la tendenza ad isolare la nostra consapevolezza e a interpretare in modo sbagliato le nostre menti e la nostra personalità fino al punto che soffriamo a causa della senso di separazione che questo comporta.

Oltre l’isolamento
Dove c’è isolamento e separazione non può esserci un team, una collettività, un insieme. Questo è il problema di molti paesi occidentali. La civilizzazione sta attraversando un periodo di grandi cambiamenti. La natura dell’individuo, lo status culturale e comportamentale si forma quando un gruppo di persone diverse si riunisce per adempiere ad un compito. Gli esperimenti scientifici fatti sullo yoga hanno provato che l’uomo può trascendere i limiti della propria individualità e della mente individuale per dirigere la mente verso l’omogeneità e l’universalità.
La mente non è un’espressione del cervello. La mente può esistere senza il cervello che è solo materia fisica. Nello yoga, la mente è conosciuta come chitta. Chitta non è il solo pensare, sentire o pianificare ma è l’omogeneità della consapevolezza individuale. Chitta si può espandere oltre i limiti del corpo fisico. Gli esperimenti alla camera Kirlian hanno provato che un individuo può espandere la propria consapevolezza e le capacità della propria mente. Quando la mente si individualizza, a quel punto diventa egocentrica, quando si libera dell’ego allora diventa universale e omogenea.

La concentrazione e la meditazione
A tale riguardo, i poteri della mente possono essere espansi attraverso le pratiche di concentrazione e meditazione. Dal punto di vista scientifico, queste pratiche influenzano le onde cerebrali che subiscono trasformazioni diverse a seconda del livello raggiunto. All’Università di Barcellona, dottori, psicologi e neurofisiologi hanno osservato che durante la pratica del mantra, le onde cerebrali si sono trasformate in onde alpha. Quando il cervello subisce tali trasformazioni fisiche, avvengono cambiamenti anche a livello di carattere e di modalità reattive. In questo modo, società, istituzioni e vari gruppi di individui vengono naturalmente influenzati da questi nuovi modi comportamentali. Le pratiche di concentrazione espandono le capacità mentali e la mente diventa capace di connettersi con più individui diversi. La mente diventa capace di indurre un pensiero nelle menti altrui in uno stesso momento. Una mente più forte e focalizzata può indurre gruppi di gente a pensare ed agire in una sola direzione. E’ così che le istituzioni, i monasteri, gli ashram hanno un loro valore e ruolo in tutto il mondo. Migliaia di persone possono essere indotte verso un unico concetto omogeneo, un unico contatto universale.
In relazione a questo, ci sono due definizioni precise di yoga. Lo yoga è efficienza delle proprie azioni e dei propri doveri. Lo yoga è equilibrio mentale mentre si conducono i propri compiti. Di conseguenza, se parliamo di yoga, stiamo parlando di una scienza che non riguarda solo il corpo fisico e la vitalità ma anche un grande potenziale nella struttura fisiologica.

Il bisogno di trasformazione
Nel passato, i sannyasa e gli yogi, dopo aver lasciato casa, andavano sulle montagne dell’Himalaya per praticare yoga ed espandere la propria consapevolezza. In seguito, con questa capacità sviluppata, ritornavano in società per proporsi come guide. In India, abbiamo bisogno di yoga più oggi che ieri perché abbiamo la possibilità di dimostrare al mondo che la vita quotidiana può andare di pari passo con lo sviluppo di una vita interiore.
Le nazioni occidentali stanno cercando di far combaciare le esigenze del quotidiano con l’individualità e ricorrono alla psicologia, all’agopuntura e al buddismo Zen. La conclusione alla quale sono arrivate è che se non avviene una trasformazione a livello mentale, non è possibile raggiungere nulla a livello personale e di vita sociale. Possiamo continuare a parlare di persone che si uniscono per raggiungere un obiettivo comune, che adottano atteggiamenti comuni, che si danno dei risultati da raggiungere ma siamo sicuri che non sia solo uno slogan?
Il vero spirito non può manifestarsi senza un’espansione di coscienza. Una madre non può far fronte alle sofferenze del proprio figlio se la propria consapevolezza non si espande in modo tale da potersi unire a quella del figlio stesso. Se non c’è unione, due persone che si innamorano, non potranno mai condividere felicità e dolore. Questo tipo di unione non è intellettuale o una cosa ipotetica ma una vera e propria fusione di due, tre, centinaia di temperamenti.

Lavorare insieme
Migliaia di persone si riuniscono per collaborare in un’istituzione, un’azienda o nella società stessa. Molti lo fanno perché necessitano di un’identità, altri per prendere consapevolezza di un ruolo ed è possibile quindi permettere loro di espandere la propria coscienza al punto di superare le barriere mentali e fisiche. E’ l’unione spirituale che va oltre l’importanza di quello che il gruppo vuole raggiungere.

Secondo me, un’organizzazione non è niente altro che una fusione totale di questa possibilità spirituale. Lo yoga significa unione. Se migliaia di persone nel mondo potessero essere influenzate da un solo pensiero, da una sola filosofia, avremmo una società diversa e questo è quello che continuo a pensare dal 1956 da quando ho realizzato che lo yoga è un modo di vivere molto potente che può influenzare gli eventi di tutto il mondo. Non parlo ovviamente di materie politiche ma di un’unica forma di consapevolezza individuale e sociale. Per fare tutto questo è però necessario uno sviluppo dal punto di vista spirituale ed emozionale. 


giovedì 27 novembre 2014

INTERVISTA A SWAMI NIRANJANANDA***seconda parte***

Questa è la traduzione dall’inglese dell’intervista che Swami Niranjanananda Saraswati (SWAN) ha rilasciato al corrispondente della NDTV Manish Kumar (NDTV)in occasione di un incontro a proposito dell’ iniziativa globale lanciata dal Primo Ministro indiano Narendra Modi per stabilire una Giornata mondiale dello Yoga e del fatto che ha appena battezzato un nuovo ministero dedicato interamente allo Yoga e alle terapie alternative.
L’intervista è visibile a questo link dal minuto 32 in poi
http://www.ndtv.com/video/player/prime-time/prime-time-has-haryana-govt-surrendered-before-hisar-godman/345235?curl=1416263984

NDTV: Avete un corso che si chiama Sannyasa training e che dura tre anni. Si crede che il Sannyasa sia una fase della vita in cui ci si liberi della vita normale e in cui si possa vivere liberamente e in solitudine. Quindi, qual è il senso di un corso simile?
SWAN: Il concetto di Sannyasa ha due aspetti. Uno si chiama Virakti (distacco dagli attaccamenti sensoriali), l’altro è relativo all’ottenimento della consapevolezza spirituale. Ora, nell’ashram ci sono solo 6-7 Sannyasa Virakti, quelli che hanno sposato il diksha tradizionale e che seguono i precetti della tradizione Sannyasa. Gli altri, quelli che vengono qua per il corso, vengono per imparare quegli aspetti che focalizzano il modo di come raggiungere una consapevolezza spirituale nella propria vita. A loro, vengono insegnati diversi aspetti dello yoga come asana, pranayama, i kriya e vengono esposti a diversi aspetti spirituali in modo che possano poi collegare la spiritualità con le loro vite quotidiane nel mondo fuori dall’ashram.
NDTV: Così, dopo aver frequentato il corso Sannyasa, si può ritornare a lavorare in ufficio?
SWAN: Certo.
NDTV: E anche a vivere con le proprie famiglie?
SWAN: Si. Il training riguarda proprio il fatto di vivere la propria vita nomale pur essendo un Sannyasa. Una volta che si impara questo si ritorna a vivere nel proprio ambiente, con la propria famiglia, al proprio lavoro pur potendo vivere una vita da Sadhu (aspirante spirituale).
NDTV: Ma per un uomo normale, chi può decidere quale tipo di Yoga è adatto e dove dovrebbe andare? Questo crea un po’ di confusione, quale Yoga seguire, quale insegnante seguire. Non pensa che tutto questo dovrebbe essere semplificato?
SWAN: Si, certamente. Ed è per questo motivo che abbiamo fondato e che gestiamo gli Yoga Mitra Mandala in diverse città dove i discepoli istruiti di quella zona possano fare comunità ed insegnare yoga agli aspiranti locali. E nel nostro paese, c’è ancora mancanza di centri yoga ed insegnanti ma, nonostante la necessità, noi non offriamo corsi intensivi di una settimana per certificare l’insegnamento. Il nostro training minimo è di un mese dove gli aspiranti hanno la possibilità di capire le basi dello Yoga per poi diffonderle all’interno delle loro famiglie o nei villaggi di provenienza. Poi abbiamo un corso di quattro mesi che certifica professionalmente il ruolo di istruttore yoga. Gli altri corsi che gradualmente si possono fare sono poi di un anno, due anni e tre anni.
NDTV: Ma per esempio, per me, relativamente ai miei problemi specifici, cos’è più benefico fra le tante offerte? BSY, Iyengar o chi?
SWAN: Non lo può dire nessuno. Ognuno ha inclinazioni e bisogni differenti. Noi non siamo in grado di trattare tanti argomenti che invece Iyengar fa in quanto il programma di asana è diverso. E, viceversa, loro non possono trattare altri argomenti che noi copriamo e così i loro studenti vengono qua. Come dire, ad ognuno il suo specifico.
NDTV: Yoga come terapia. Mi dica qualcosa circa gli aspetti curativi dello Yoga. E’ questo un primo rimedio, una forma di medicina alternativa o un ricorso post diagnosi? Cos’è? Molti insegnanti sostengono di avere cure adeguate per tutto tramite lo yoga, anche per il cancro. E’ qualcosa in più o è proprio un modo per curarsi?
SWAN: Non è una cura. Proprio perché ha menzionato il cancro, le fornisco un esempio. Nel 1977-78 abbiamo condotto un esperimento sul cancro insegnando ad alcuni malati delle pratiche di asana, pranayama, rilassamento e concentrazione. Le asana permisero di migliorare la circolazione sanguigna nel corpo, il pranayama di incrementare i livelli di energia, le tecniche di rilassamento di liberarsi dalle tensioni mentali e con dhyana (la concentrazione) ci fu un incremento della propria creatività che permise maggiore autosuggestione (sankalpa). Questi pazienti, ai quali prognosticarono una durata di vita al massimo di un anno, sono riusciti a durare 20-25 anni praticando rigorosamente e quotidianamente. Nonostante ciò, non possiamo dire che riusciamo a curare il cancro. Il nostro guru ha sempre detto che se si pratica con il 100% di attenzione seguendo le regole dello Yoga, ci si libera dai mali incurabili perché si riesce a bilanciare il rapporto fra le energie e i loro disequilibri.
NDTV: Mi rimane però ancora il dubbio. Se uno si ammala, lo Yoga è una soluzione alternativa, complementare o post-operatoria?
SWAN: Direi complementare. Lo dico per esperienza perché va di pari passo con la diagnosi allopatica, la pratica dello yoga e la dieta ayurvedica. Insieme sono molto potenti. La disciplina nel mangiare secondo l’Ayurveda, la disciplina dello yoga e la diagnosi in accordo con l’allopatia sono funzionali.
NDTV: Quello che sentiamo dire è che Ramdev Baba possiede cure ayurvediche e che fanno ricerca nelle erbe medicinali che dovrebbero essere in grado di curare i malanni. Pensa che quest’area che riguarda lo Yoga sia un po’ oscura, un po’ grigia?
SWAN: Si, non ho una buona conoscenza delle medicine e delle cure ma credo fermamente che facendo yoga possiamo ottenere una buona salute; la cosa è che vedendo altri che somministrano vari tipi di medicine, beh la nostra mente fa difficoltà ad accettarlo.
NDTV: Pensa che relativamente alla nostra nazione, in questo periodo siamo riusciti a soddisfare il bisogno di insegnanti? E se si, chi è che li forma? Abbiamo una popolazione di 1,2 bilioni di gente e sicuramente, gli insegnanti non possono tutti arrivare da un’unica fonte d’istruzione. Quale dovrebbe essere il ruolo del governo?
SWAN: Il governo indiano ha scelto quattro istituzioni in India e lo ha pubblicato sul gazzettino ufficiale. Per il Nord, ha scelto lo Sivananda Ashram, per l’est la Bihar School of Yoga, per il sud Vivekananda Kendra e per l’ovest il Kaivalya Dham Lonavala. Queste sono le quattro istituzioni riconosciute dal governo come centri di ricerca e formazione. Oltre a questo, però, nel nostro paese, ci sono tante piccole istituzioni e ashram dove si impartisce l’insegnamento dello Yoga e tutti stanno cercando di renderlo attraente, talvolta vestendolo con abiti nuovi ma lo yoga è uno stile di vita semplice e questo è il motivo per cui sono state scelte solo quattro istituzioni.
NDTV: Ma perché la BSY è così “chiusa”? Si dice che ci sia rigidità e che sia un gruppo chiuso rispetto alle altre istituzioni nonostante sia uno dei più antichi.
SWAN: Dall’inizio la BSY è stata guidata da sannyasa. Non ci sono gestori di secondo, terzo, quarto grado, non ci sono impiegati. Dal lavare i pavimenti a condurre una classe, dal cucinare a fare i conti amministrativi, i gestori sono tutti sannyasa. Questa tradizione è stata stabilita dal nostro guru che non voleva impiegati nell’ashram ma solo sannyasa interessati al seva gratuito. Ora, dal momento che qui, in pianta stabile ci sono 15-20 sannyasa che devono fare tutto, abbiamo una capacità ricettiva e di interazione limitata ma se un giorno aumenteremo questa capacità, allora allargheremo il numero di chi può venire qua. Per esempio, l’anno scorso, abbiamo ospitato la World Yoga Convention in ottobre e fino a marzo il numero di persone che veniva qua è stato ingestibile così da aprile in poi abbiamo chiuso le porte per un anno in modo da riuscire a concentrarci su cosa fare per il ruolo dello Yoga nei prossimi 50 anni.  Tutto questo senza trascurare i corsi in essere.
NDTV: Conducete anche una ricerca medica? Che cos’è questo tipo di ricerca? Quali sono le scoperte? Qual è il grado di validità?
SWAN: Nell’ashram non conduciamo ricerche mediche. Quando lo facciamo, è in collaborazione con altri istituti, dottori, ospedali. Per esempio con l’ospedale BHEL di Bhopal stiamo portando avanti una ricerca sull’alta pressione e sul diabete. Con l’Apoorva  Medical College di Sambhalpur una ricerca solamente concentrata sul diabete mentre con il Raipul Medical College una sull’asma e con il KEM hospital di Mumbai stiamo lavorando insieme sull’ipertensione. Le nostre ricerche si avvalgono della collaborazione di altri. Ora stiamo facendo degli sforzi in modo da collaborare con L’Apollo Hospital di Hyderabad che è molto noto per la ricerca sul cancro e lì, in effetti, ci interesserebbe trattare l’argomento yoga e cancro.
NDTV: E quali sono i risultati di queste ricerche? Quali sono i contributi apportati dallo yoga? Quali le scoperte?
SWAN: Le scoperte sono buone. Molte delle medicine che vengono assunte non sembrano siano così necessarie, la resistenza corporea aumenta e insieme, comunque, alle medicine, ci sono dei miglioramenti in tutti i campi. Quindi siamo molto incoraggiati da questi risultati che verranno pubblicati sulle nostre pubblicazioni ufficiali.
NDTV: Ho una domanda molto basilare da fare. Dal momento che ora il Primo Ministro sta enfatizzando così tanto lo Yoga, e voi vi dedicate 24 ore al giorno 7 giorni su 7, quali sono i prossimi sviluppi nel campo? Qual è la sua opinione a proposito di questo sviluppo? Qual è l’attuale stato della mappatura dello Yoga? Cosa dovrebbe fare secondo lei il ministro?
SWAN: Secondo me, per lo Yoga in India, dovrebbe esserci un centro di ricerca nazionale. Lo abbiamo già suggerito nel passato. Si può fare riferimento al Morariji Desai National Institute of Yoga di Delhi che potrebbe diventare proprio quel centro di ricerca nazionale dove far confluire tutto il lavoro che si fa con lo yoga in questo paese, dove lo si dovrebbe catalogare e raccogliere, dove le istituzioni che hanno a che fare con lo Yoga dovrebbero essere tutte presenti e tutte le tradizioni serie insegnate. Avremmo in questo modo un unico centro dove potrebbero essere presenti tutte le scuole, tutte le tradizioni, tutta la letteratura, tutte le tecniche e tutti i punti di vista sullo Yoga. Inoltre, dovremmo assicurare un minimo di qualificazione nazionale per lo Yoga come esiste per la medicina tradizionale e anche dividere lo Yoga in due grandi linee: una che riguarda lo yoga come necessario e benefico per la società, per la salute mentale e fisica insomma una parte oggettiva e una relativa allo sviluppo delle qualità/potenzialità personali. La persona che vuole insegnare yoga dovrebbe formarsi nelle quattro istituzioni indicate e scelte dal Governo e contemporaneamente riconoscere che forme più alte di yoga (Kriya, Kundalini, Nada, Mantra Yoga) sono l’evoluzione in quanto Yoga non è e non può essere solo asana e pranayama. Lo Yoga è una scienza dalle molte facce.
NDTV: Grazie Swamiji.
NDTV: Questo era Swami Niranjanananda che ci ha appena detto che nel mondo, il movimento dello Yoga è arrivato ad un punto decisivo e che il futuro è luminoso, almeno per lo Yoga.




sabato 22 novembre 2014

INTERVISTA A SWAMI NIRANJANANDA***prima parte***

Questa è la traduzione dall’inglese dell’intervista che Swami Niranjanananda Saraswati (SWAN) ha rilasciato al corrispondente della NDTV Manish Kumar (NDTV)in occasione di un incontro a proposito dell’ iniziativa globale lanciata dal Primo Ministro indiano Narendra Modi per stabilire una Giornata mondiale dello Yoga e del fatto che ha appena battezzato un nuovo ministero dedicato interamente allo Yoga e alle terapie alternative.
L’intervista è visibile a questo link dal minuto 32 in poi
http://www.ndtv.com/video/player/prime-time/prime-time-has-haryana-govt-surrendered-before-hisar-godman/345235?curl=1416263984

NDTV: In questo periodo c’è molto interesse attorno all’argomento dello Yoga soprattutto da quando il Primo Ministro ha proposto alle Nazioni Unite una giornata  mondiale da dedicare allo Yoga e si è espresso a favore di questa disciplina per risolvere problemi come quello del surriscaldamento globale. 140 nazioni hanno risposto in maniera favorevole ma per capire veramente lo Yoga è necessario andare a Munger (Bihar). Swami Niranjanananda è probabilmente il più grande esponente dello Yoga dei nostri giorni.
Swami, ancora una volta c’è molta attenzione nei confronti dello Yoga.
SWAN: Si
NDTV: Come si rapporta a questo? Gente come lei, per molti anni, ha impreziosito questo movimento. Si sarebbe mai aspettato una Giornata mondiale dedicata allo Yoga? E come la interpreta?
SWAN: Stavamo aspettando proprio questo. Negli ultimi 50 anni abbiamo lavorato per istruire più gente possibile su questa disciplina. Sapevamo quindi che sarebbe arrivato il giorno in cui ci sarebbe stato un riconoscimento mondiale e il modo in cui sta avvenendo, anche per il fatto che il Primo Ministro si è esposto, è molto positivo, è il primo passo e noi lo supporteremo in ogni modo.
NDTV: Ma relativamente alla Giornata mondiale da dedicare allo Yoga, non esisteva già un concetto del genere?
SWAN: No non c’è mai stato anche se negli ultimi 3-4 anni, negli Stati Uniti, a gennaio, si pratica yoga pubblicamente nelle strade proprio per celebrare lo Yoga. Quindi, diciamo che questa tradizione arriva da lì e ora, il Primo Ministro indiano l’ha articolata e noi siamo felici che si possa dedicare una giornata intera allo Yoga cosi la gente potrà sensibilizzarsi sulla consapevolezza di se stessi, dell’ambiente in modo da rinvigorire la forza vitale e raggiungere l’eccellenza in questo.
NDTV: Ma, secondo lei, questa giornata mondiale, quando dovrebbe essere celebrata?
SWAN: Non esiste una vera e propria mappa per poter stabilire questo ma negli ultimi anni, dal 2007, noi abbiamo dedicato il 25 dicembre allo Yoga e lo abbiamo fatto celebrandolo come Yoga Poornima perché quella è la data di nascita del nostro guru Swami Satyananda ed è anche un giorno di luna piena (Poornima). In questo modo, festeggiamo la sua nascita attraverso lo Yoga Poornima. E, al momento attuale, se qualcuno volesse individuare uno scenario contemporaneo relativo al messaggio dello Yoga, uno dei nomi più importanti è proprio quello del nostro guru Swami Satyananda.
NDTV: Però c’è anche molta confusione in questo campo. Non conosciamo nulla dello Yoga: è un’arte, una scienza, una religione;  cos’è?
SWAN: Lo Yoga è un modo di vivere. Anche se molti lo confondono con una religione, o una cultura generalmente associata all’induismo, chi lo conosce veramente sa e accetta lo Yoga come una cultura virtuosa che può far raggiungere l’eccellenza in ogni azione, fatto, attività che riguarda la vita in generale. Nel passato, i Sadhu praticavano Yoga e la società di massa lo considerava un mezzo per raggiungere Moksha, la realizzazione di se stessi mentre il nostro Paramguru Swami Sivananda affermò che il fine dello Yoga dovrebbe essere quello di rivelare/sviluppare le qualità latenti dell’essere umano. E quando queste facoltà creative sono state risvegliate/sviluppate, la pace mentale, la stabilità e moksha non sono molto lontane ed è proprio in questo contesto che noi riconosciamo lo Yoga come una “scienza di vita” (Jiwan Vidya) attraverso la quale ottenere salute fisica e pace mentale.
NDTV: Ma chi è che pratica Yoga? Sono gli hindu, i musulmani? I cristiani? Lo chiedo perché se analizzo i concetti dello Yoga, soprattutto nel contesto dell’Islam, risulta difficile riscontrare gli stessi principi. Quando si propone il saluto al sole (Surya Namaskar) si trovano delle resistenze. Quindi, qual è l’aspetto religioso dello Yoga?
SWAN: Non c’è religione nello Yoga. Nel 1971 abbiamo fatto delle ricerche riguardo alle diverse civiltà occidentali, in Sudamerica, nei paesi nordici, e abbiamo trovato l’evidenza della presenza dello Yoga in alcuni disegni, statue, nella letteratura storica e in alcune forme di Yantra e da qui siamo arrivati alla conclusione che lo Yoga era, una volta, una grande cultura universale che, per qualche motivo, guerre, rivoluzioni, calamità naturali, in alcune zone è andata svanendo a differenza invece di quanto è successo in India.
NDTV: Ma chi è il Guru dello Yoga? Swami Sivananda? Swami Satyananda? Patanjali?
SWAN: Storicamente, si può dividere lo Yoga in tre parti. La prima è la fase antica dove il progenitore dello Yoga è considerato il Signore Siva insieme al Signore Dattatreya e al Guru Goraknath, Matsyendranath, ecc. Poi c’è la fase medievale dove prominenti sono i nomi di Patanjali, Gheranda, Swatmarama, dei quali seguiamo ancora oggi gli insegnamenti. Nel contesto moderno, nella sfera dello Yoga, gli esponenti più significativi sono stati Swami Sivananda, Swami Satyananda, Paramhansa Yogananda e Swami Vivekananda ed è attraverso loro che questa scienza si è aperta verso tutto il mondo.
NDTV: Ma perché poi lo Yoga non raggiunge realmente le masse? Per esempio, anche se si viene a Munger, le porte dell’ashram sono chiuse. Quindi, perché non c’è stata questa apertura generale totale nei confronti di qualsiasi uomo comune?
SWAN: In realtà lo Yoga si è diffuso fra gli uomini comuni. Nell’ashram non abbiamo molte possibilità per accogliere gruppi numerosi e se i reporter ci popolarizzassero con interviste e articoli, noi non riusciremmo ad accogliere e contenere il gran numero di persone che verrebbe qui. Nonostante questo, abbiamo programmi specifici; nell’ashram ci sono sempre dei corsi e allo stesso tempo, andiamo nei diversi villaggi, le aree rurali, le città e questo lo fanno anche i nostri insegnanti sparsi in tutto il mondo.
NDTV: In questo momento, ci troviamo davanti alle porte dell’ashram di Munger. Ci parla della storia di questa costruzione? Com’è che è iniziato questo movimento?
SWAN: All’inizio, nel 1975, quando siamo arrivati, qui c’erano solo rovine e con il permesso del Governo, abbiamo costruito l’ashram e dietro tutto questo c’era la visione del nostro guru Satyananda, quella di rendere lo Yoga utile nella vita quotidiana moderna. E’ così che abbiamo iniziato a fornire ospitalità a chiunque volesse praticare Yoga in un luogo pacifico e dedicato.
NDTV: Ma perché Swami Satyananda scelse proprio Munger? Munger era conosciuto solo per tre cose: la fabbrica di sigarette (ITC), la fabbrica delle armi e poi solo dopo è arrivato lo Yoga. Perché Munger?
SWAN: Nella tradizione dei Sannyasa, esiste un precetto, quello che richiede ai Sannyasa di rimanere nel posto di appartenenza, dove il loro Guru ha lasciato il corpo fisico. Swami Satyananda si trovava a Munger quando il suo guru Paramguru Swami Sivananda andò in Samadhi secondo la tradizione dei Sannyasa. Ha dovuto quindi stabilirsi a Munger.
NDTV: E’ stato difficile? Quest’area non ha certo una buona fama, quali resistenze ha incontrato? Non penso sia stato facile tirare su un’istituzione di questo genere.
SWAN: Il nostro guru ha sempre detto che la gente del Bihar è Hanuman dormiente. L’unica cosa richiesta è quella di dire loro che esistono determinate possibilità insite in loro stessi quindi l’unica possibilità è quella del Jambavanta, l’orso mitico che rivelò all’Hanuman delle sue straordinarie capacità e così lo risvegliò. Certo, all’inizio Swamiji non era conosciuto e quindi non veniva capito ma poi la consapevolezza e le interazioni diventarono sempre più grandi, iniziarono i diversi programmi dell’ashram e con i corsi di Yoga  iniziò a crescere il numero di persone che lo supportarono. Da qui, capiamo che la sua affermazione sulla gente del Bihar era proprio fondata, che erano Hanuman in attesa del risveglio.
(NDT: Hanuman – divinità del pantheon hindu, devoto di Rama; uno dei personaggi principali del poema epico Ramayana presente anche in altri poemi come il Mahabharata)
NDTV: Ma, ancora oggi, nel Bihar, lo Yoga non è così diffuso. Perché? La gente del Bihar non è poi così interessata o voi non avete le risorse per poter diffondere lo Yoga?
SWAN: No, la gente del Bihar è molto interessata a capire, studiare e adottare lo Yoga ma noi abbiamo le mani legate a causa della mancanza di insegnanti anche perché molti di quelli che prepariamo vengono poi richiesti e arruolati da altri istituti e centri di yoga. Noi ci mettiamo tutto l’impegno possibile e continueremo a farlo.
NDTV: Perché le credenziali (il grado) del Bihar Yoga sono considerate così difficili?
SWAN: Sono considerate difficili perché gli aspiranti yogi, qui, devono adottare una vera disciplina yogica. Non siamo dell’idea di fornire una sola ora di yoga al giorno qui in ashram per poi far sì che gli aspiranti tornino alle loro case e riprendano a fare le solite cose, bere, fumare, ecc. Quando si è qui, dalla mattina alla sera, c’è una routine, una disciplina che bisogna rispettare, vivere e bisogna familiarizzare ed accettare il contesto ed è solo così che possono arrivare i benefici.
NDTV: Oggi, però, ci sono diverse scuole di yoga come, per esempio, quella di Swami Ramdev che è molto popolare ed è sempre in TV, poi c’è la scuola di Iyengar e poi ci siete anche voi, BSY. Quali sono le differenze e le similitudini fra queste tre?
SWAN: Ci sarà sempre una differenza nell’approccio. Sri Iyengar insegna principalmente Hatha Yoga così come Sri Ramdev anche se da anche spazio al pranayama. Noi della BSY non insegniamo solo un ramo dello yoga, preferiamo insegnare gli elementi chiave (yoga olistico) dello Yoga perché crediamo che la connessione fra Yoga e individuo sia in relazione con l’individuo e che lo Yoga possa risvegliare, sviluppare le facoltà della personalità individuale. E’ così che i programmi di yoga, da noi, includono asana, pranayama, hatha yoga, raja yoga, karma yoga, gyana yoga, bhakti yoga e kriya yoga, tutti integrati. E’ solo in questo modo che possiamo sviluppare ogni aspetto della nostra personalità.
NDTV: Cosa sono tutti questi percorsi? In generale, si crede che lo yoga sia una combinazione di asana e pranayama.
SWAN: (hmmm…si).
NDTV: Quanto c’è di giusto e sbagliato in questo?
SWAN: Ci sono diversi aspetti come Pratyahara, Dharana, Dhyana, Kundalini, i Chakra, il Kriya yoga.
NDTV: Che cosa sono? Cos’è il Raja yoga, l’Hatha yoga?

SWAN: Vede, l’inizio della strada dello yoga avviene sempre con l’Hatha yoga, attraverso asana e pranayama rendiamo il nostro corpo forte e in salute. Dopo che abbiamo reso questo possibile, progrediamo con il Raja yoga con il quale si imparano le tecniche di gestione della mente, dello stress, delle ansie e delle tensioni. Una volta che controlliamo le oscillazioni della mente possiamo ottenere pace ed equilibrio e quindi dedicarci al Kriya yoga. Con questo yoga, trasformiamo le nostre energie (esterne/di base) discendenti in ascendenti e risvegliamo l’energia latente del corpo, è quello che la gente chiama kundalini. Swami Satyananda ha reso sistematico e ha predicato questo tipo di progressione yogica. Si inizia con l’Hatha yoga e si va avanti con il Raja yoga e il Kriya yoga. Questo è quello che insegniamo in modo sistematico nel nostro ashram.


lunedì 17 novembre 2014

Educazione alla vita ***seconda parte****

Swami Niranjanananda Saraswati
Welcome Address, 26 October 2013, Polo Ground, Munger
da Yoga Mag – current issue

Sei poteri di Prakriti

Questa personalità è costruita non solo dai vostri amici, dalla vostra famiglia, società, cultura, religione, credenze, etica e morale che vi circonda o dall’educazione con la quale siete cresciuti ma anche dai sei poteri di Prakriti che avete ereditato quando siete venuti al mondo.
Questi sei poteri di Prakriti sono entrambi vincolanti e liberatori. Sono conosciuti dalla nostra tradizione come amici e antagonisti. Quando vincolano, diventano nemici ma quando liberano, sono amici. Nella vita reale, succede il contrario. Quando nasciamo, iniziano a contribuire a dar forma alla nostra personalità. 
Ma quali sono questi sei poteri? Kama, passioni, desideri, ossessioni; krodha, motivazione, aggressività, dinamismo; lobha, avidità; moha, infatuazione; mada, arroganza, complesso di superiorità; matsarya, invidia delle altre persone. Queste sono le sei qualità di tamoguna che attirano la mente in questa dimensione.
Quello che esprimete nella vita è quello che vi hanno dato come input. I vostri pensieri, le vostre ambizioni, le interazioni e le percezioni sono guidate da loro. Loro diventano la vostra natura e la vostra personalità.
Arriva poi un momento in cui mente e spirito si connettono. Quando i sei amici e la mente si uniscono, vi dimenticate dell’essere superiore, della natura superiore e delle qualità superiori. Capita, talvolta, che un fiore fiorisca nel deserto. Può succedere quindi che venga stabilita una connessione fra mente e spirito che vi farà realizzare che quelle cose che consideravate vostre e delle quali ne eravate orgogliosi sono in realtà deterioranti per la vostra crescita e quindi sono impedimenti per il vostro sviluppo. Quelle cose che vi hanno permesso di diventare quello che siete oggi sono in realtà nemici che ci confinano in questa dimensione di sofferenza, desiderio, vasana e che non ci permettono di fare esperienza della libertà e della bellezza che sono lo scopo della vita.

Applicare il sanyam per una vita armoniosa

I sei amici sono quindi ora visti come nemici. I sei nemici possono essere controllati dal processo del sanyam così come controllate i cavalli con le redini. Se lasciate le redini, non potrete sapere quale cavallo scapperà in quanto avete ormai perso il controllo. Allo stesso modo, attraverso il sanyam potrete frenare i sei:
kama, krodha, lobha, moha, mada e matsarya.
In realtà, non spariscono perché sono parte di voi ma sono sotto controllo per mezzo del sanyam. 
Nulla sparisce in questa vita, le abitudini e le caratteristiche non spariscono ma possono essere canalizzate, controllate, modificate, convertite e trascese. 
Questo è lo scopo di uno stile di vita yogico.
 Uno stile di vita yogico non dipende da quante ore di yoga e meditazione fate, questo è irrilevante.

Lo stile di vita yogico è il concetto di vivere una forma di vita corretta e armoniosa.



lunedì 3 novembre 2014

Educazione alla vita

Swami Niranjanananda Saraswati
Welcome Address, 26 October 2013, Polo Ground, Munger
da Yoga Mag – current issue

Il tema di oggi  è “Yoga e stile di vita”.
Dovete comprendere la parola “lifestyle” (ndt: stile di vita) nel suo contesto corretto. Qual è il suo vero significato? Lo stile di vita e la routine giornaliera sono due cose differenti. Routine è quello che fate ogni giorno mentre lo stile di vita è il modo in cui vivete.
Vi alzate alle quattro, alle cinque, le sei, le sette, le otto e così via; questa è la vostra routine, la vostra scelta. Fate colazione quando volete, andate a lavorare all’orario stabilito, tornate a casa, fate le cose che vi piacciono a determinate ore. Questa è la vostra routine, non il vostro stile di vita.
Definizione di lifestyle
Lo stile di vita è un’espressione della vostra personalità, i vostri tratti particolari, il vostro carattere. Se la vostra personalità, i tratti, il carattere e le abitudini sono rivolte verso l’ottenere pace, appagamento e prosperità, e se sono mirate allo sviluppo della vostra consapevolezza spirituale, in questo caso, starete vivendo una vita perfetta. Se invece vi accorgete che il vostro modo di esprimervi è contradditorio rispetto alle vostre aspirazioni personali, avete bisogno di modificare il vostro stile di vita in quanto il lifestyle è un’espressione della maturità di mente ed emozioni. Come vivete, come vi comportate nel mondo, come rispondete alle situazioni, tutto questo ha luogo a secondo delle vostre qualità interiori e della vostra forza. Quella qualità interiore e quella forza interiore fa parte della mente. Voi diventate quello che pensate. Pensare e diventare devono comunque essere in sintonia.
Diventare ed essere
Una banana non può pensare “io posso diventare un’arancia” e quindi diventare un’arancia. Un limone non può pensare “sono una mela” e diventare una mela. No. C’è differenza fra pensare e diventare anche se gli esseri umani hanno l’abilità di diventare quello che pensano. Questa è l’unica forma di vita dotata di senso che ha questa abilità: quella di diventare quello che si vuole. Inoltre, nella vita di un essere umano si verificano due processi: quello di diventare e quello di essere. Inizialmente, diventate, in un secondo tempo, siete.
Il processo di diventare si manifesta adottando nuovi tipi di qualità mentre l’essere è l’espressione del meglio che avete da offrire. Diventare è il sadhana ed essere è l’espressione. Diventare è Munger, essere è Rikhia. Sri Swamiji ha detto: “Prima di venire a Rikhia, trascorrete un po’ di tempo a Munger”. Diventare ed essere sono due espressioni della missione di Sri Swamiji.
A Munger dovete lavorare duro e confrontarvi con voi stessi, trasformarvi e trascendere i vostri limiti. Qui a Rikhia dovete solo essere un'unica cosa con l’ambiente, con lo spirito e con l’energia del posto, tutto qui. Ci sono due aspetti della missione di Sri Swamiji e nessuno dei due è più importante dell’altro, sono entrambi complementari così come me e Swami Satsangi.

Stiamo parlando di stile di vita e questo è il processo: prima divenite attraverso il processo di trasformazione poi siete, vivendo quell’espressione creativa. Questo è lo stile di vita, l’espressione dei tratti, delle abitudini, della natura e del carattere del proprio essere interiore, quello che è conosciuto con il termine “personalità”.
(continua...)

sabato 25 ottobre 2014

Durgādvātriḿśatnāmamālā (Ripetizione dei 32 nomi di Durga)



 Il pantheon indiano con tutti i suoi dei è un’immagine dell’evoluzione spirituale e l’adorazione delle dee, la forma femminile del divino, ha un ruolo molto importante.
Durga, di cui pronunciamo i 32 nomi in questo mantra, è spesso considerata una manifestazione di Parvati, la compagna di Shiva. È la Madre Cosmica, che si manifesta per aiutare e proteggere gli uomini che ogni giorno combattono contro il male per far prevalere la verità. Infatti viene raffigurata come una guerriera, sorridente ma armata. Secondo la tradizione pronunciare i nomi che la definiscono nei suoi diversi aspetti porta alla trasformazione della coscienza verso stati più elevati.

1 Om Durgā (Durga)
2 Durgatirśamanī (Colei che distrugge i tempi cattivi / Who destroys bad times)
3 Durgāpadvinivārinī (che rimuove gli ostacoli / Who removes obstacles)
4 Durgamacchedinī (che sfida le destinazioni più ardite / Who pierces hardest destinations)
5 Durgasādhinī (che doma le situazioni più complesse / Who tames the hardest situations)
6 Durganāśinī (che ha distrutto Durga qui Durga non è la dea ma un demone con un nome simile (ndt) / Who destroyed Durga¹)
7 Durgatooodhārinī (che dona sollievo dalla mala sorte / Who uplifts from bad fate)
8 Durganihantrī (impossibile da uccidere / impossible to be slayed)
9 Durgamāpahā (che distrugge le difficoltà / Who destroys difficulties)
10 Durgamajñānadā (che conferisce conoscenze difficili /Who bestows of difficult knowledge)
11 Durga dai tyaloka davānalā (che è fuoco per la civiltà demoniaca potente come un albero)
12 Durgamā (che è difficile da rivaleggiare o eguagliare / Who is hard to approach or parallel)
13 Durgamā-lo-kā (che è la dimora della luce più abbagliante /  Who is the abode of irrepressible glow)
14 Durgamātmasvarūpinī  (che è la forma di Atman più difficile da raggiungere / Who is the hard to reach Ātman-form)
15 Durgamārgapradā (che permette di percorrere il cammino più pericoloso /Who bestows of difficult to achieve path)
16 Durgamaviddyā (che è la conoscenza più difficile da ottenere / Who is the hard to achieve knowledge)
17 Durgamāśritā (che è supportata dalla divinità / Who is supported by divinity)
18 Durgamajñānasaḿsthānā (che è la sede della conoscenza più alta da raggiungere / Who is the abode of hard to achieve knowledge)
19 Durgamadhyānabhāsinī (che appare come luce durante la meditazione intensa / Who appears as light during intent meditation)
20 Durgamohā (che è schiavitù immensa / Who is immense bondage)
21 Durgamagā (che è difficile da ottenere o raggiungere / Who is difficult to attain or reach)
22 Durgamārthasvarūpiṇī (che è la conoscenza più alta/ Who is the difficult knowledge;
23 Durgamāsurasanhantrī  (che distrugge I demoni imbattibili /Who destroys the imsurpassable demons)
24 Durgamāyudhadhāriṇī  (che possiede armi indistruggibili / Who possesses irrepressible weapons)
25 Durgamāńghī  (arti potenti / Who has strong limbs)
26 Durgamatā (che è complicata/ Who is difficult)
27 Durgamyā (impossibile da colpire / Who is hard to visit)
28 Durgameśvarī (che è la Dea di ogni cosa difficilmentee raggiungibile / Who is the Goddess of everything difficult to achieve)
29 Durgabhīmā (che è coraggiosa / Who is gallant)
30 Durgabhāmā (che è molto infuriata /Who is very wrathful)
31 Durgabhā (che ha una brillantezza impeccabile / Who has impeccable shine)
32)Durgadāriṇī  (che concede la felicità ineguagliabile / Who bestows induplicable happiness).


Questa registrazione è stata eseguita nel nostro centro, con la partecipazione di soci, insegnanti ed allievi nello spirito di karma yoga, in omaggio ai nostri Maestri.


venerdì 17 ottobre 2014

Qual è la più grande conquista della vita umana?

tratto da un Satsang di Swami Niranjanananda 

Qual è la più grande conquista della vita umana?

Alcune scritture dicono che sia l’ottenimento di un corpo umano, altre l’intelligenza che ci rende unici rispetto ad altre forme di vita.
Esistono diverse opzioni sull’argomento e forse da ogni singolo punto di vista sono tutte corrette ma da un’altra prospettiva si può dire che la conquista più grande per un uomo sia l’avere fede perché è la fede che mantiene la mente e le emozioni in equilibrio. La fede non permette l’infedeltà emotiva o intellettuale e questo è la cosa più importante che riguarda la fede stessa.

La fede è l’espressione originale del cuore umano
Quando nasciamo, funzioniamo grazie al cuore e non alla mente. Quando iniziamo la nostra educazione formale, la mente prende il sopravvento sulla componente del cuore che viene messa in secondo piano in modo che nel corso della nostra vita possiamo gestirci attraverso l’intelletto e la logica domandandoci i perché e i come in relazione all’espressione intellettuale.
Alcune cose possono però essere solo capite o anche analizzate attraverso la facoltà dell’intelligenza e questa è la forza del cuore. Il cuore è sempre lì che offre supporto, sicurezza, compassione, amore e affetto, tutte le cose buone della vita. La mente può pensare ad aspirare alle cose buone ma spesso è deviata da altro. Il desiderio rimane un desiderio, il pensiero rimane un pensiero e l’aspirazione non può mai essere implementata.
Pensate all’importanza della fede nella vostra vita. Ci sono diverse mentalità, diversi samskara o impressioni, che appartengono ad ogni forma di civiltà, ad ogni gruppo sociale. La mentalità dipende dall’ambiente sociale e se questo non riesce a bilanciare aspirazioni spirituali e bisogni materiali, il risultato è uno scollegamento dalle forze energiche e terrestri. Quando questo si verifica, la mente si trasforma, diventa grossolana, materialistica e sensuale, sempre più piena di brama e desideri.
Tutti questi desideri, tutte queste ambizioni ci portano a cercare soddisfazione all’esterno ma nel momento in cui non siamo in grado di trovare piacere, felicità, appagamento nel mondo, entriamo in un circolo depressivo pieno di insicurezze, un circolo aggressivo che fa paura che finisce per dominare il nostro atteggiamento. 
I nostri squilibri psicologici ed emozionali disturbano l’ambiente famigliare e come conseguenza anche la società ne viene coinvolta. 
E’ così che per evitare la frustrazione, diventiamo dipendenti da qualcosa in modo da allontanare questa forma depressiva.
Questo è il momento in cui la fede deve subentrare.

La fede è la qualità che bilancia gli squilibri psicologici ed emozionali.
C’è una grande differenza fra un mendicante ed un ladro che possiede un coltello per derubarvi. Se un mendicante, in India, non ha ricevuto nessuna rupia ed è quindi affamato, prima di andare a dormire dirà: ”Dio non ha voluto che io mangiassi oggi. Io accetto il volere di Dio. Domani probabilmente sarà un giorno migliore.” Il mendicante rimane così sereno davanti al suo destino. La fede vi dona la pace, il sollievo, la sicurezza, una consapevolezza di essere guidati dal creatore. Così non è per il ladro per cui il proprio appagamento personale è più importante di qualsiasi vita umana.
Da sempre, la fede è la qualità che è radicata in una mentalità culturale ma quando la logica prende il sopravvento, si diventa materialisti nella propria natura e si perde l’equilibrio e l’armonia interna.




lunedì 6 ottobre 2014

Riscoprire lo yoga

Swami Satyasangananda saraswati
Hyderabad, India, 14 marzo 2008
tratto da Yogamag

La gente di Hyderabad così come tutti quelli che si trovano qui oggi sono fortunati perché hanno avuto modo di sentire due mantra dati da Swami Satyananda. Hari Om è il mantra che ha dato a Munger e Namo Narayana quello dato a Rikhia. Entrambi sono mantra importanti che hanno invaso la vostra coscienza, permettendo alla divinità dentro di voi di venire fuori. Riconoscere questa divinità interna è l’oggetto principale dello yoga.

Nel Ramacharitamanas, c’è una parte speciale quando Jamavant ricorda ad Hanuman la sua grandezza. Hanuman fu mandato da Rama a cercare Sita che era stata rapita da Ravana. Quando raggiunse l’oceano, si chiese come attraversarlo. In quel momento Jamavant gli ricorda che lui possiede un siddhi, un potere psichico, quello di essere in grado di volare e quindi di attraversare l’oceano per arrivare dall’altra parte. Allo stesso modo, noi oggi siamo qua per ricordarvi qualcosa che sapete già ma che avete dimenticato. Avete infatti dimenticato lo yoga che è la vostra eredità in quanto siete nati nella terra dei rishis e dei munis, terra di saggi e santi. E’ l’eredità che i vostri antenati vi hanno lasciato.

Siamo qui per ricordarvi e non per insegnarvi in quanto sapete già tutto. Noi serviamo solo ad aiutarvi a rimuovere il velo che offusca la vostra memoria. La conoscenza vi è stata tramandata dal rishi parampara, la tradizione dei saggi. Per il genere umano, è una conoscenza essenziale, a prescindere dall’età in cui vive, satya yuga o treta yuga, ma in kali yuga diventa ancora più importante in quanto l’uomo si è sempre più allontanato dalla sua natura essenziale.

Cos’è lo yoga? 
Yoga è vivere una vita naturale, una vita che voi siete in grado di comprendere e al momento non state vivendo quella vita. Se voi viveste una vita naturale, il vostro corpo vi comunicherebbe ciò di cui ha bisogno in quanto egli stesso è un prodotto della natura, pancha mahabhoota, i cinque stati essenziali della natura, e di conseguenza vi suggerirebbe il tipo di vita adatto a voi. Dal momento che il corpo è un prodotto della natura, ogni mezzo che possa migliorarvi dovrebbe essere naturale e non chimico. Ingeriamo molte cose che non sono naturali e queste sono una delle cause degli squilibri che ci sono nel corpo. Quando parliamo di yoga, non parliamo solo di asana e pranayama ma ci riferiamo ad un completo stile di vita.

A Rikhia, il posto di Swami Satyananda che è uno degli esponenti più grandi dello yoga, non insegniamo yoga. E’ stata una decisione conscia anche se insegniamo a molta gente a diventare insegnanti di yoga. Abbiamo infatti deciso che era meglio insegnare a vivere una vita yogica invece che insegnare solo materie attinenti lo yoga. Praticare asana dieci minuti al giorno non è sufficiente, è come commettere peccati tutta la settimana e poi confessarsi alla domenica per poi essere pronti a peccare ancora. Se vi riempite di tossine per tutta la settimana e poi le volete eliminare con dieci minuti di asana, questo non è proprio possibile. Lo stile di vita yogico deve essere parte integrante del vostro curriculum. La gente si avvicina allo yoga quando inizia a sentire che nella propria vita c’è qualcosa che non va, che c’è uno squilibrio nel corpo, nei pensieri e nelle emozioni. Per correggere tutto ciò non è sufficiente fare yoga ma vivere lo yoga.

Stile di vita yogico significa equilibrio e disciplina
L’esempio migliore di equilibrio si trova in natura. La natura è equilibrata. La notte è equilibrata dal giorno, il caldo dal freddo. E’ cosi che la natura agisce, equilibrando tutto ciò che si verifica. E questo è l’esempio che dovete seguire iniziando dalla quantità di tempo che dedicate al sonno, da cosa mangiate, da cosa dite e da quanto lavorate. Ogni cosa deve essere regolata. Equilibrio è intraprendere il sentiero di mezzo ed escludere gli estremi. Quando conducete una vita agli estremi, intossicate il vostro corpo, la vostra mente e poi arriva regolarmente il conto.

L’altro aspetto importante è la disciplina. Se volete ottenere qualcosa, dovete disciplinarvi. Sia che siate musicisti, uomini di affari o casalinghe, dovete essere disciplinati in tutto ciò che fate. Senza disciplina, non potete praticare yoga.

Questo è lo stile di vita yogico a cui dovete aspirare se volete includere lo yoga nel vostro curriculum e non ridurre tutto alla pratica di asana





mercoledì 24 settembre 2014

Il potere della riflessione

 di Swami Niranjanananda Saraswati

 tratto da Avahan Magazine numero 3 anno 3 Maggio – Giugno 2014

L’investigazione e la riflessione sono conosciute come atma vichara.
Il motivo di questa dissertazione sta nella volontà di far disperdere quella nuvola di ignoranza per permettere una comprensione migliore e completa. In caso contrario, che senso avrebbe riflettere? Che senso avrebbe pensare?

Quando riflettete, avete la tendenza a rimuginare sui problemi invece che cercare una soluzione. In condizioni normali, se nella vita c’è un pensiero o un qualsiasi tipo di riflessione, riguarda sempre la vostra sofferenza o quel qualcosa che non avete, quello che è chiamato il “fattore di preoccupazione”.
Nella vostra vita, la riflessione non è pura perché si nasconde sempre dietro la preoccupazione con la conseguenza che vi identificate con questa e la vostra mente ne rimane ingarbugliata. Non riuscite ad essere naturali, spontanei, liberi ma vi imbrigliate nel vortice dove vi ha trascinato un pensiero, un’idea, un sentimento, un’emozione. Vi fate trasportare giù in quel vortice di preoccupazione che fa sparire sia la speranza che quello che avete acquisito fino a quel momento. E’ come andare a fondo nell’oceano senza avere la possibilità di risalire a galla. Abbandonate il cielo, il sole, il vento mentre siete trascinati verso il fondo dove l’acqua vi soffocherà. Questa è avidya, questa è ignoranza. L’aspetto negativo della riflessione vi porterà sempre in un sempre più profondo stato di ignoranza.

La riflessione vera è l’antidoto, invece di preoccuparvi, rifletteteci correttamente sopra. Trovate la soluzione al problema e invece di iniziare a pensare “Io sono così..”, riflettete sul coltivare le vostre potenzialità  che vi permetteranno di non essere solo fatti in quel modo. Cercate di scoprire se potete essere migliori e diversi. Attraverso la riflessione, il senso di colpa e l’ignoranza possono essere evitati in modo da avere una mente più limpida. Con la chiarezza in mente, arriverà anche la saggezza e la giusta conoscenza. Questa saggezza e conoscenza sono atma vichara, riflettere sul proprio essere. Nella preoccupazione, nell’ansia e nella frustrazione, c’è sempre una reazione e non una riflessione. La riflessione esiste quando siete in grado di vedere la situazione sotto una forma diversa, una luce diversa. Per esempio: se qualcuno si lamenta di qualcun altro, potrete subito vedere che quella persona sta parlando spinta dalla gelosia quindi non è il soggetto della lamentela ad essere dalla parte sbagliata ma chi sta criticando.

Il motivo dell’esistenza della riflessione è quello di mantenervi focalizzati su voi stessi e non su cosa vi circonda e influenza. Imparate a utilizzare saggezza e conoscenza per disperdere quella nuvola di ignoranza che vi fa fare le cose sbagliate e accumulare risultati negativi. Se riuscite a diventare consapevoli e a coltivare questo insegnamento fatto di osservazione per poi conoscere, farete quel salto che vi porterà a migliorare la relazione fra voi, la natura e il divino. Scoprirete una connessione e un legame che tiene l’essere umano, la natura e il divino uniti. Nel corso del tempo, questa riflessione diventerà jnana, saggezza, diventerà la realizzazione di “Io sono”. Ed è questa realizzazione che farà scomparire avydia.

lunedì 8 settembre 2014

Lo Yoga per sviluppare la Consapevolezza è per vivere con Consapevolezza

di Swami Anandananda, fondatore e Acharya, Scuola di Yoga Satyananda Ashram, Italia

Tratto da YOGAmag, anno 3, rivista 5, Giugno 2014


Prima di tutto, i miei più sentiti ringraziamenti e il mio rispetto vanno a Sri Paramahamsaji nella forma fisica di Swami Niranjanananda e Swami Satyasangananda.

La Consapevolezza come segno distintivo del Satyananda Yoga
Nel corso degli anni ho potuto riscontrare che uno degli aspetti e degli argomenti più importanti della tradizione dello Yoga Satyananda è l’educazione alla consapevolezza. Quello che rende lo Yoga Satyananda speciale è il fatto che insegna , enfatizza e incoraggia l’uso e l’applicazione della consapevolezza. Se partecipiamo ad una lezione o ad un seminario di Yoga Satyananda o se viviamo in un ashram come Ganga Darshan o Rikhiapeeth, quello che impariamo, che pratichiamo, che  viene stimolato e incoraggiato è lo sviluppo della consapevolezza.
Tutte le pratiche che Swami Satyananda ci ha insegnato, dalle asana al pranayama, dal rilassamento allo yoga nidra, sono tecniche di consapevolezza. Se leggete i 350 e più libri e se ascoltate i numerosi CD di yoga nidra e di pratiche meditative, sentirete moltissime volte la parola “consapevolezza”.
Se partecipate ad una lezione, vi verrà chiesto di diventare consapevoli dal momento in cui entrate nel centro yoga. Non è così importante quello che praticate e come lo fate, ciò che è importante è essere consapevoli. Ci hanno formato per sviluppare ed espandere questa consapevolezza ma, alla fine della lezione, non dobbiamo lasciarla nella sala yoga o sul tappetino. Noi dobbiamo conservarla tutto il tempo. In classe, attraverso le asana e la respirazione, il pranayama, le tecniche di yoga nidra e antar mouna, andiamo a stimolare la consapevolezza. Quando abbiamo finito e torniamo al nostro usuale ritmo quotidiano, dobbiamo mantenere questa consapevolezza. E’ sempre presente e noi dobbiamo conservarla.
Abbiamo sentito parlare di consapevolezza del respiro. Nell’educazione infantile, in una classe di yoga o in ogni altro campo di applicazione dello yoga, la consapevolezza deve rimanere sempre presente.
“Cosa sto facendo?” Questa è la consapevolezza che deve essere presente in ogni momento della nostra giornata.  Io mi rendo conto che questo è il regalo e la componente più importante dello Yoga Satyananda: l’enfasi sulla consapevolezza. Ma che cosa è la consapevolezza?

Che cos’è la consapevolezza?
Visitando diversi paesi, ho avuto l’opportunità di verificare che in molte lingue, non esiste una parola per consapevolezza. A volte, esiste una sola parola per “mente”, “coscienza” e “consapevolezza” e talvolta questo mi ha messo in difficoltà nello spiegare cosa significhi consapevolezza. La risposta mi è arrivata guardando un documentario della BBC nel quale facevano degli esperimenti sulla consapevolezza degli uomini che vivevano in un ambiente metropolitano. La conclusione di questo documentario sviluppato da ricercatori eminenti è stata la seguente: “Possedete gli occhi, gli occhi sono aperti e quindi guardate, ma se non c’è consapevolezza, non vedete”. Da qui deduciamo che la consapevolezza è la differenza fra guardare e vedere, fra sentire ed ascoltare.
Questa è una ricerca formidabile e se Swamiji me lo permette, vorrei condividerla con voi. I ricercatori hanno utilizzato degli attori in una situazione caotica tipo all’uscita di una stazione di treni. Un attore era vestito come un turista smarrito e aveva una macchina fotografica e una cartina. Ad un certo punto, fermava una persona che stava uscendo dalla stazione e gli chiedeva: “Ah, per favore, mi dia qualche direzione”. La persona si fermava per aiutarlo e per dagli informazioni. Mentre stavano parlando, altri due attori vestiti da operai, trascinavano un grande pezzo di compensato e passavano in mezzo a loro. Per due secondi il turista e il passante rimanevano coperti senza potersi vedere mentre i ricercatori sostituivano l’attore che impersonava il turista smarrito con un altro. Il 99% delle volte, la gente continuava a fornire spiegazioni e indicazioni come se nulla fosse successo. Non si rendevano conto che l’uomo alto con gli occhiali e vestito in jeans era stato sostituito con uno basso, grasso e senza occhiali.
I ricercatori in seguito chiedevano se si erano accorti della sostituzione e la risposta era quasi sempre: “Ah…Oh, forse, si, qualcosa”. Ad ogni modo, non si rendevano conto che avevano parlato a due persone diverse. Per i ricercatori, questa è la condizione di chi vive nelle grandi aree metropolitane.

La distrazione
Ieri Swamiji ha detto qualcosa a proposito della parola “distrazione” in latino; “dis” deriva da “distanza” e “trazione” ha la propria radice in “tractus” che significa essere attratti in un’altra direzione.
Questa distrazione non è l’unica. In una condizione, in una situazione metropolitana, il numero di distrazioni è enorme, ce ne sono a migliaia. Se camminate per 500 metri in una grande città, sentirete moltissime cose, vedrete moltissime cose e sarete attratti da moltissime parti e questo influenza la condizione e lo stato di consapevolezza che in questo modo viene sparpagliato producendo come risultato, stress e altri disagi.
Quando andiamo ad una lezione di yoga o in un ashram, ci viene chiesto: “Divenite consapevoli dei vostri piedi, del vostro respiro, del vostro ombelico, divenite consapevoli di quello che state pensando, di quello che state facendo”. Ci chiediamo: “A cosa sto pensando?”. Da questo tipo di consapevolezza, noi cambiamo la nostra condizione da uno stato confuso, dispersivo ad uno stato più centrato e compatto e tutto questo è stato provato.
Recentemente, stavo leggendo un libro interessante sul cervello dove si diceva che è stato scoperto che quando qualcosa viene fatta con consapevolezza, il cervello e la mappa del cervello la registra nell’area appropriata e difficilmente si dimentica, rimane lì, si trasforma in un’esperienza.

Muoversi da una consapevolezza grossolana ad una più sottile
Il modo di usare e applicare la consapevolezza in questo modo è la bandiera principale della tradizione Yoga Satyananda. Sia che riguardi la salute, i ragazzi a scuola,  le prigioni o la realizzazione interiore, quello che usiamo è la consapevolezza e io sono molto grato verso chi mi ha educato ad essere consapevole.
Se praticate e soprattutto se insegnate lo Yoga Satyananda, mettete consapevolezza nelle pratiche, includete sempre la parola “consapevolezza”. Usatelo questo termine. Se praticate yoga, yoga di qualsiasi tradizione, praticate con consapevolezza. Chiedetevi: “Cosa sto facendo? Cosa sto facendo adesso? Che cosa sto sperimentando ora?”. Questo atteggiamento, questo approccio vi tornerà utile anche quando vi chiederete: “Dove sto andando? Da dove provengo? Quale è la mia direzione?”. Questo vi porterà ad essere consapevoli della vostra vita, del vostro dharma, consapevoli di quale è il vostro ruolo, consapevoli di ciò che è appropriato per voi.

Note conclusive
Vorrei concludere con un caso che ho recentemente sperimentato a Ganga Darshan.
Ganga Darshan è il posto più attivo dove viene esercitata la consapevolezza e questo avviene a molti livelli. Nei bagni, vicino agli specchi, c’è una foto di Swami Sivananda e sotto c’è una frase che dice: “Preservate l’acqua, ogni singola goccia di acqua è preziosa”. Quando lo leggo dico: “Oh. Bello. Bene, molto bene”. Poi velocemente apro il rubinetto, mi lavo le mani e lo chiudo subito ricordandomi “Non sperperare l’acqua, l’acqua è preziosa”. Poi esco dal bagno e dopo alcune ore, quando mi trovo alla cisterna dell’acqua potabile, la verso nel bicchiere e la bevo. Sento che sono ancora assetato e ne verso ancora un po’, faccio due, tre sorsi e un po’ di acqua rimane nel bicchiere. Istintivamente, mi viene da gettarla via ma il mio braccio si blocca e la rimetto nella cisterna realizzando che preservare l’acqua non riguarda solo quella del bagno. Perché dovrei buttare quest’acqua adesso?
Lo stesso avviene a lezione, perché dovrei essere consapevole solo durante la lezione e poi quando finisco non esserlo più? Quello che mi è successo con l’acqua mi ha reso più consapevole e mi ha fornito un ulteriore spunto educativo.
Sono sicuro che chiunque si trovi qui per la prima volta, alla Convention e al Golden Jubilee, sia stato educato in ogni area e aspetto ma non siamo solo stati educati, noi siamo anche scienziati. Come è stato già detto da altri oratori, noi siamo i ricercatori e anche il laboratorio. Noi siamo gli studenti e gli scienziati.
Grazie, grazie molto. Grazie Paramahamsaji, grazie Swami Niranjanananda, grazie Swami Satsangi.


25 Ottobre 2013, Polo Ground, Munger






giovedì 21 agosto 2014

Qual è il significato dello Shanti Path e perché si canta alla fine di una lezione?

di Swami Niranjanananda Saraswati
tratto da http://www.yogamag.net/archives/1992/bmar92/sat292.shtml

Shanti Path ha due significati.
Principalmente è un mantra di pace e prosperità che tradizionalmente viene recitato alla fine di ogni sessione di yoga per infondere il corpo e la mente di vibrazioni e sentimenti positivi ma serve anche alla personalità psichica, che viene influenzata dalle vibrazioni, per ricordarsi dello scopo spirituale.

Gli yogi hanno sempre considerato l’essere umano anche come un essere spirituale. Questo non è solo un concetto; gli yogi sostengono che si può fare esperienza dell’essere spirituale e dell’essere mentale attraverso la percezione del corpo così come normalmente si percepisce l’essere fisico. Sia che siate cinesi, giapponesi, indiani o australiani, il corpo è sempre lo stesso. Due braccia, due gambe, una testa, due occhi; è come uno stampo di Dio che è stato messo in ogni luogo. Ci sono solo delle differenze fisiche, altezza, colore, ecc. ma il corpo fisico è quello, per tutti.
Allo stesso modo, si considera la mente come se avesse un corpo e le eccentricità della mente, le diversità della mente non sono altro che la personalità individuale. Bisogna però considerare che la mente ha anche una forma generalmente  non percepibile così come l’atma, il corpo spirituale. Quando ci  confrontiamo con l’intelletto sul piano grossolano, anche il corpo spirituale o atma interagisce sotto forma di vibrazioni. 
Per comunicare esternamente, utilizziamo l’hindi, l’inglese oppure altre lingue ma internamente la comunicazione conosce un linguaggio di vibrazioni che è universale. Tutti noi ne abbiamo fatto esperienza quelle volte che abbiamo percepito sensazioni buone o cattive nei confronti di qualche persona senza neanche parlare con loro ma solo attraverso l’ausilio delle vibrazioni emanate.

I mantra tendono a influenzare e risvegliare il campo vibratorio psichico senza la necessità di comprenderli razionalmente, logicamente. Cantare e ripetere un mantra produce una sorta di cambiamento interno del quale però non si può fare esperienza immediata a livello esteriore. 

Ogni mantra risveglia un particolare centro. Attorno ai chakra ci sono molti centri psichici che noi percepiamo come riflessi dei chakra stessi. Ogni mantra stimola uno dei centri minori e una combinazione di diversi suoni può influenzare, alterare o produrre un cambiamento nella funzione generale di tutti i chakra.

Quando cantiamo lo shanti path alla fine di una seduta di yoga avviene un cambiamento nell’atmosfera intorno al corpo, dentro il corpo, intorno alla mente, nella struttura delle emozioni e dello spirito. In quel momento in cui creiamo la vibrazione, influenziamo direttamente il nostro corpo spirituale. Facciamo un esempio; se siete concentrati su qualche tipo di attività e qualcuno vi viene a chiedere qualcosa di completamente diverso, vi fermate e prima di reagire avrete bisogno di qualche secondo; dovete ridirigere la vostra attenzione, spostare la vostra mente da una cosa ad un’altra.
E’ così che nella meditazione, nelle asana, nel pranayama, nei kriya, nei satsang, nei kirtan, la mente viene distratta dal suo flusso comportamentale naturale per essere direzionata verso quello che stiamo facendo. In quel momento, il mantra entra in azione e crea delle onde che ci aiutano a focalizzare. E’ come pulire un vecchio tappeto; inizialmente vi sembra di non raccogliere tanto sporco ma se insistete vi accorgerete che viene su sempre più polvere, anche quella impercettibile.

Lo Shanti Path è un modo per sollecitare l’aspetto vibratorio della nostra personalità a poco a poco, sempre di più fino a risvegliare quei centri psichici che corrispondono alla vibrazione.


Chiaramente conoscere la traduzione di un mantra è cosa bella così come è conoscere il significato letterario dello Shanti Path ma non è condizione necessaria in quanto è internamente che dobbiamo sentirlo.