lunedì 12 maggio 2014

Cosa possiamo dire a coloro che non comprendono l'importanza del karma yoga?

tratto da una satsang con Swami Niranjan del 1989

Conosciamo già la definizione di Karma yoga, yoga dell’azione. Sappiamo che ci viene richiesto di agire con l’idea di non desiderare nessun risultato e nessun guadagno e neanche di aspettarci il beneficio dei frutti dell’azione ma ci viene invece richiesto di agire con l’idea della perfezione.
Nella vita di un sadhaka, il Karma yoga gioca diversi ruoli. Quando c’è troppa introversione, quando c’è troppa osservazione mentale, contemplazione, meditazione, si verifica una tendenza mentale di dissociazione nei confronti del mondo che ci confina dentro i limiti della nostra mente. Ce ne accorgiamo quando diventiamo introversi e leggermente depressi o anche quando non riusciamo a venir fuori da quello stato in cui la mente si auto osserva. Esternamente, questo si manifesta fisicamente con la letargia, mancanza di energia pranica, mancanza di associazione con l’ambiente esterno, mancanza di intenzione con i concetti di tempo e spazio.
Nella tradizione dello yoga, la pratica del Karma yoga serve per creare un equilibrio fra esperienza mentale e associazione della mente con l’ambiente esterno e per stabilire un legame fra la mente e i sensi. Si dice anche che se uno pratica mezz’ora di meditazione, dovrebbe poi bilanciare con un minimo di tre ore di lavoro fisico in modo da esteriorizzare le attività del corpo, della mente e delle emozioni e di conseguenza staccarsi da qualcosa che ha avuto luogo durante la meditazione stessa.
Uno dei propositi del Karma yoga è quello di diventare consapevoli del ruolo che la mente gioca relativamente al corpo, agli indriya, alla percezione sensoriale, all’intelletto, alla vita sociale, alla vita familiare e alla personalità individuale.
C’è anche un altro aspetto del Karma yoga. Quando diventiamo consapevoli delle azioni mentali, Karma non significa solo azione ma anche tutte le attività che da questa azione scaturiscono. Pensiamo, e dietro a quel pensiero c’è sempre una ragione per la quale si è manifestato. Quando pratichiamo antar mouna, osserviamo il processo del pensiero, troviamo un legame nei pensieri e cerchiamo di andare ancora più a fondo. Questo è Karma yoga mentale. Non è l’esperienza di uno stato ma dell’attività, il filo che lega l’insieme, la totalità delle nostre espressioni, dei nostri pensieri, sentimenti e atteggiamenti. Quindi, il Karma yoga è la consapevolezza dell’intero processo, della totalità delle attività che si verificano nel reame della mente, dell’intelletto, delle emozioni e del corpo.
Il processo di osservare, quello che noi chiamiamo drashta – l’attitudine dell’osservatore – è la parola chiave del Karma yoga. Osservate quello che state facendo e vi accorgerete che non è un’attività cieca ma consapevole e motivata. Di conseguenza, quando questo modo di osservare ogni azione della mente e del corpo si sviluppa, si verifica anche un’espansione di coscienza. Siamo in grado di capire cosa sta succedendo, che tipo di attività o azione si sta verificando e riusciremo anche a capire come implementare quell’azione in particolare.
Con il risveglio di questa consapevolezza drashta, il processo dell’osservatore, scopriremo spontaneamente i nostri conflitti interni, ciò che ci piace e che detestiamo, le nostre ambizioni e i nostri limiti. Si innesca un processo che filtra il negativo dal positivo e che ci fa riscoprire la nostra personalità. Diverremo inoltre consapevoli dei nostri attaccamenti che possono essere emotivi, fisici, intellettuali e avremo in questo modo la possibilità di osservarli. L’effetto deleterio dell’attaccamento e l’effetto propositivo dell’attaccamento in relazione allo sviluppo della nostra personalità vengono filtrati e l’ego viene eliminato.
Si possono dire tante cose a proposito ma ciò che è importante, soprattutto in ashram, è capire l’oggettività che enfatizziamo in questa pratica di Karma yoga esterno. Con il tempo, questo sentimento che sviluppiamo con una pratica esterna verrà interiorizzato dalla mente in modo tale che il sadhana meditativo e contemplativo darà risultati migliori e aiuterà a canalizzare le energie conflittuali derivanti dagli attaccamenti e da tutto il materiale non filtrato che attraversa la nostra mente.








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