lunedì 28 dicembre 2015

Yoga scientifico - Terapia di risposta

di  Swami Saraswati Niranjanananda


Quando l'uomo scoprì che in lui esisteva un organo che controllava le sue azioni e le reazioni fisiche, chiamato cervello, decise di indagarlo. Quando si rese conto che, dentro di sé, aveva un potere che controllava il suo cervello, il corpo, le azioni, le emozioni, i sentimenti, conosciuto come mente, decise di indagare anche questo. Tuttavia ci sono pochi pionieri che hanno condotto uno studio sistematico su tutta la fisiologia e la psicologia dell'essere umano.
Una delle esigenze più importanti di oggi è quella di condurre una vita priva di tensioni. L'uomo vuole essere felice, ma ancora non è in grado di alleggerirsi da frustrazioni, stress e ansie. Vuole manipolare il mondo per soddisfare le sue esigenze, i desideri e le ambizioni. Come risultato fobie, complessi, inibizioni e traumi psicologici manifesti. E’ in questa zona che l'uomo deve distogliere la sua attenzione, se deve integrare le varie parti della personalità umana e superare il terrore, l'insicurezza, le passioni, la paura, l'incertezza, il sospetto, che influenzano costantemente i modelli di comportamento fisiologico, emozionale, mentale e psichico.
Tutti i vari sistemi del corpo e le attività che avvengono al suo interno sono diretti dal cervello. La mente conscia, come quella subconscia, ha un'influenza diretta sull'attività del cervello, e questo può essere visto sotto forma di onde cerebrali.
Quando la mente conscia dirige l'attività del cervello,  i ritmi alfa e beta predominano, riflettendo uno stato di attività mentale, di vigilanza e di rilassamento. Quando la mente subconscia governa l'attività del cervello,  i ritmi theta e delta predominano, determinando uno stato di concentrazione, un solo punto di percezione, la consapevolezza e l'introversione. Quando vi è un'intensa attività emotiva, fisica o mentale, allora le onde cerebrali possono in qualche modo influenzare l'intero sistema, positivamente o negativamente. Lo fanno bloccando le percezioni della mente conscia e subconscia, che poi si trasformano in tensioni; o portando l'intero sistema ad uno stato di intensa sensibilità, ricettività e attività, sviluppando così le capacità creative dell'uomo.

La creazione di uno stato di equilibrio
Oltre a tutto questo, ci sono molte altre ragioni che determinano influenze sconosciute sui comportamenti fisici, emotivi, mentali e psicologici che portano problemi e malattie nella vita dell'uomo. Ma il punto da ricordare è che malattie, disturbi o ogni altro tipo di problema, a qualsiasi livello, nella personalità umana hanno origine da una situazione di squilibrio.
Il corpo fisico e il cervello sono influenzati dalla mente e viceversa. Sono i sentimenti, le emozioni, gli obiettivi, le passioni, le tensioni, i desideri e le ambizioni nella mente che creano cambiamenti fisiologici. Un pensiero può e deve influenzare il corpo, e un dolore agli arti causato da un infortunio più o meno grave può creare tensione nella mente.
Studi recenti dimostrano che in ogni individuo si trova la chiave per risolvere i disturbi mentali, fisici, psicologici ed emotivi. La consapevolezza, l'armonia, la chiarezza mentale e l’equilibrio interiore sono i principali fattori che determinano uno stato di equilibrio nell'uomo. Le tecniche di yoga, come le asana, il pranayama, il rilassamento, la concentrazione e la meditazione aiutano l'individuo a conseguire la consapevolezza, l’equilibrio e l’armonia.
All'interno del corpo ci sono correnti di energia, che lo attraversano da cima a fondo e circolano ovunque. Queste sono conosciute come canali di energia bio-plasmatica, le nadi, correnti elettromagnetiche o passaggi pranici. L'intero corpo è una composizione di prana e di mente. I prana sottili sono responsabili delle nostre azioni fisiche e dei movimenti nella vita, mentre la mente è responsabile del pensiero e dei sentimenti. Queste sono le due grandi forze gemelle nel nostro sistema. Se perdono il loro equilibrio, allora un successivo squilibrio viene creato nel comportamento fisico e mentale. Le pratiche di raja yoga e hatha yoga si basano su queste forze gemelle. Attraverso la pratica delle asana e del pranayama l'energia o la forza pranica è equilibrata, e attraverso le pratiche della concentrazione, del rilassamento e della meditazione, la mente è equilibrata.

Ricerche su asana e pranayama
Le indagini cliniche e scientifiche condotte dalla “Bihar School of Yoga” e da scienziati come il Dr. Aleksandrowicz, T. Pasek e W. Romanowski in Polonia, M.A. Wenger e BK Bagchi in India, dimostrano che con la pratica delle asana una persona risulta avere un punteggio più elevato nella valutazione dell'equilibrio autonomo e una diminuzione dell’attività simpatica. Il battito cardiaco, la pressione sanguigna e il flusso del sangue diventano sincronizzati e costanti, ciò contribuisce a creare una risonanza nelle funzioni involontarie del corpo. Il sistema scheletrico, muscolare, nervoso ed endocrino rispondono in modo molto sensibile per garantire un corretto funzionamento e per mantenere una corretta salute.
Ulteriori indagini sul pranayama hanno rivelato che i praticanti hanno una ridotta attività surrenalica, ciò può essere interpretato come una maggiore capacità di resistere allo stress. L'attività del cervello è dominato dalle onde alfa, ciò suggerisce una minore irritabilità nervosa. I praticanti hanno mostrato anche meno nevrosi, hanno diminuito la fatica mentale, migliorato la consapevolezza, diminuito il consumo di ossigeno e utilizzato una capacità polmonare completa. La funzione cardiaca e quella respiratoria sono migliorate e c’è stato un marcato aumento della resistenza fisiologica.
Ci sono pranayama che allungano e spremono specifiche aree del corpo, ripristinando dei corretti collegamenti nervosi agli organi vitali, tra cui le ghiandole endocrine. Altri pranayama, alternativamente, stimolano e inibiscono il sistema nervoso simpatico e quello parasimpatico.
Le ghiandole endocrine collegate a questi nervi sono quindi sistematicamente rilassate e attivate, con migliori risultati delle loro funzioni. Dal momento che queste ghiandole sono spesso in uno stato di iperattività, il pranayama fornisce loro quello di cui hanno bisogno per funzionare correttamente e in armonia, per una migliore salute e benessere fisico.
La pratica di pranayama più forti comporta l’iperventilazione e vi è un aumento della concentrazione di ossigeno nei tessuti cerebrali e, di conseguenza, del liquido cerebrospinale.
Nell'atmosfera si trovano sia ioni negativi che positivi, e attraverso le tecniche di pranayama questi vengono assorbiti selettivamente nel nostro sistema per arricchire il sangue, il cuore, i polmoni, il cervello e gli altri tessuti e organi, con energia rivitalizzante. Questo provoca un cambiamento nel coordinamento delle funzioni fisiche e negli atteggiamenti mentali. La pratica del pranayama influenza anche le funzioni più elevate del cervello, come la cognizione, la percezione e la memoria.

L'attività delle onde cerebrali
Il cervello è costituito da milioni di cellule nervose, o neuroni, ognuna delle quali ha una sua funzione e compito da eseguire, tuttavia ciascuna è legata in qualche modo a tutte le altre cellule. Il cervello riceve messaggi dal mondo esterno attraverso gli organi di senso, nonché dagli organi interni del corpo e dai muscoli. Poi il cervello decide come dobbiamo e come non dobbiamo agire, in base alle nostre esperienze precedenti e alla memoria.
Il cervello è un computer molto complesso e i 4 tipi di onde riflettono il suo carattere. Normalmente, la frequenza delle onde beta (30-13 Hz) è legata al funzionamento attivo del cervello. Il ritmo alfa (12-8Hz) è legato allo stato ricettivo del cervello. Il ritmo theta (7-4Hz) è concentrato su un solo punto della mente. Il ritmo delta (3-5 Hz) si verifica quasi esclusivamente durante il sonno profondo.
In un essere umano adulto che è a riposo con gli occhi chiusi, permettendo alla mente di vagare liberamente, la componente più importante della EEG è un modello piuttosto regolare di ritmi alfa, che sono tipicamente sincronizzati. Tuttavia, la frequenza del ritmo alfa può verificarsi anche a causa di alcuni squilibri nel corpo, come il basso livello di glucosio nel sangue, la bassa temperatura corporea, il basso livello di ormoni gluco-corticoidi surrenalici e la pressione arteriosa alta. Quando il corpo è totalmente libero da stress e funziona in uno stato di profondo equilibrio metabolico, corrispondente alla sua capacità di picco, quindi la ricettività della mente riguarda il ritmo alfa. In quel momento, l'uomo ha la capacità di pensare, di agire e di discriminare in modo ottimale, e di coordinare perfettamente tutte le capacità mentali insieme.
L'influenza delle vibrazioni sonore sul cervello è stata anche studiata. Il suono è una forma di energia che influenza la mente e la coscienza, senza dover essere intellettualmente capito all'interno del sistema di categorie. La scienza delle vibrazioni o mantra è una conoscenza sistematica dei suoni e dei loro effetti sulla personalità umana. Le specifiche vibrazioni sonore influenzano le funzioni metaboliche del corpo, altri suoni riducono l’ansia e l’agitazione mentale, e così via. Una ricerca dell'Università di Barcellona ha rivelato che la sincronizzazione delle onde alfa e la loro intensità aumentano a certe frequenze sonore, mentre le vibrazioni dell’Om inducono attività theta nel cervello.

Conclusioni

Le asana, il pranayama, la concentrazione, il rilassamento e la meditazione canalizzano, coordinano e sincronizzano le attività del cervello e dei sistemi fisiologici. Questo influenza la mente cosciente per agire e per espandere le sue capacità. Come la consapevolezza viene sviluppata dalla pratica dello yoga, una maggiore armonia si ottiene tra le diverse dimensioni della personalità umana. L’espansione della consapevolezza avviene quando si diventa contemporaneamente consapevoli delle percezioni consce ed inconsce. Quando le azioni, i sentimenti e i desideri sono coordinati, la mente si evolve; inizia ad aprirsi ad altre dimensioni e unisce le varie fasi di coscienza. In ogni ambito della personalità, in ogni stato di consapevolezza, in tutte le dimensioni della coscienza, c’è una totale armonia, equilibrio e coordinazione, ciò porta alla libera espressione della personalità e dell'essere interiore.


domenica 13 dicembre 2015

La Bhakti e il Bhakti Yoga

 di Swami Saraswati Niranjanananda
21 settembre 2014, The Railway Officers Club, Delhi, India

Quando le persone sentono il termine 'Bhakti Yoga' automaticamente immaginano che si stia per parlare di puja o di rituali di culto. Non è così.
Ci sono due parole: la Bhakti e il Bhakti Yoga. La Bhakti è la devozione. Quando qualcuno va in un tempio o china il capo davanti alle immagini e alle statue su un altare a casa sta esprimendo devozione. Il Bhakti yoga è molto diverso da questo.
Quando si aggiunge la parola 'yoga' a ‘bhakti’ si fa riferimento alla gestione delle emozioni umane. Proprio come lo scopo dell’hatha yoga è quello di gestire la condizione fisica e lo scopo del raja yoga è la gestione del comportamento mentale, il  Bhakti yoga significa equilibrio e bilanciamento delle emozioni umane. Emozioni sbilanciate creano agitazione e disagio nella vita di una persona.

Arginare i disordini
Le emozioni si esprimono non solo in forma di bhakti, ma anche sotto forma di invidia, odio, avidità, infatuazione, arroganza e gelosia. Sono queste le emozioni che determinano un’alternanza senza fine dell’umore durante tutto il giorno. Le mode di Mumbai e gli umori di una persona cambiano così velocemente che è difficile tenere il passo!
Le persone non sono consapevoli di come e quando i loro stati d'animo cambiano. Improvvisamente sono arrabbiati, il minuto dopo si sentono gelosi, tutto ad un tratto diventano felici e un attimo dopo si sentono male – nessuno ha alcun controllo sui propri umori e le proprie emozioni. Quando queste emozioni si manifestano all’interno distruggono l’equilibrio interiore e l'equanimità. Si diventa interiormente ed emotivamente carichi.
Non importa cosa succede, tutto è percepito come qualcosa di negativo e di triste. Se il proprio figlio disobbedisce, ciò diventa un motivo di tristezza. Se qualcuno parla sgarbatamente, questo fa sentire male la persona. In tali circostanze non vi è alcun controllo o equilibrio nella propria vita, nel comportamento e nelle emozioni. Senza controllo o equilibrio non si può sperimentare la pace.
Anche se c'è immobilità o calma all'interno della mente, nessuno può esercitare alcun controllo dal momento che i disordini stanno avvenendo. Sebbene la mente è ancora concentrata e calma, le emozioni di invidia, rabbia, disgusto, paura, insicurezza, attaccamento, amore, infatuazione e arroganza continuano a esprimersi.

Non aver paura
Sono questi ostacoli che impediscono di andare avanti nella vita. La gestione appropriata di queste emozioni è il Bhakti yoga. La Bhakti si riferisce alla puja, al culto e ai rituali e il Bhakti Yoga si occupa di disciplinare le emozioni e di cercare di realizzare un equilibrio nelle proprie emozioni e nella loro espressione.

Quindi, se voi sentite la parola Bhakti yoga, non abbiate paura. Potete anche andare avanti e avere paura della bhakti, ma non abbiate paura del Bhakti Yoga. Il Bhakti yoga è legato al vostro sé interiore ed essenziale. Il Bhakti yoga è un'esperienza, un cambiamento, e questo cambiamento è facile, semplice e davvero bello.


giovedì 26 novembre 2015

Osservare la reazione

Continua da


Karma Yoga nella vita quotidiana
Swami Saraswati Niranjanananda
Barcelona, Spain, May 18, 2001

Yoga Magazine September 2002



La seconda componente del karma yoga è mentale, e si tratta di osservare le vostre reazioni e il vostro comportamento interiore. Qualcuno vi dirà: "Sei una persona molto bella, meravigliosa", altri: "Tu sei senza speranza." Queste frasi influenzeranno la vostra sensibilità e creeranno una reazione e tali reazioni condizioneranno le vostre idee e convinzioni, il vostro stato emotivo: vi sentirete euforici o depressi, il vostro umore cambierà. Una sola frase ha la forza di alterare il vostro stato d'animo.                                         Il primo componente del karma yoga è essere consapevoli, il secondo è osservare la vostra reazione.
Patanjali afferma nel terzo sutra, "allora colui che vede è stabilito nella sua natura essenziale”. Chi è “colui che vede”, il testimone o osservatore, e qual è il suo ruolo? La prima fase che il testimone deve sperimentare è come il soggetto, l’io  sta rispondendo e reagendo alle persone, a situazioni e circostanze. Questo è anche uno degli scopi della meditazione. Attraverso l'esperienza della meditazione, infatti, è possibile osservare i cambiamenti nell’umore, nella coscienza e nella mente. Quando siamo consapevoli delle manifestazioni della mente allora siamo in grado di orientare e guidare le nostre espressioni mentali. Anche la meditazione diverrà un processo di realizzazione del karma mentale, psicologico, emotivo.

Sviluppare l’immunità

La terza componente è sviluppare l'immunità dalle cose che vi riguardano. Come fare? Venendo fuori dalle percezioni dell’ego, dallo stato in cui non esistono altre persone o cose e solo voi siete il centro della vostra vita. Quando si è in grado di andare oltre l'IO, oltre l’egocentrismo, allora si inizierà a sviluppare l'immunità da situazioni, eventi e idee.

Gestire le emozioni

Il quarto componente del karma yoga è prendere coscienza dei blocchi emotivi. Se le emozioni sono come un percorso inclinato e scivoloso, l'intelletto, invece, è un percorso rettilineo, lineare. Attraverso la logica si può andare dal punto A al punto B, al punto C, al punto D, in un percorso continuo. La logica o intelletto è un percorso orizzontale rettilineo, mentre le emozioni sono un percorso in pendenza. È difficile sviluppare una identità emotiva positiva e felice mentre è molto facile cadere o scivolare in emozioni negative. Non ci hanno insegnato come odiare o come essere arrabbiati, gelosi o aggressivi. È venuto naturalmente. Ma quando cerchiamo di insegnare ad amare, ad essere compassionevoli e positivi, ciò non avviene naturalmente. In tal senso, le emozioni sono una via inclinata; scivoliamo giù la maggior parte del tempo e la risalita è una grande lotta ed un lungo viaggio. 
Divenire consapevoli di come si è in grado di gestire le emozioni è il quarto componente. Quando riuscirete a mantenere la vostra serenità nel successo e nel fallimento, allora la vostra personalità sarà equilibrata. E’ necessario avere fiducia, fede e credere in sé stessi ma, allo stesso tempo, è necessario credere o avere fiducia nel Sé superiore che guida la vostra vita.
Il miglior esempio è l'agricoltore. Il contadino pianta i semi e si occupa della crescita delle piante, nella speranza che un giorno ciò che ha piantato darà buoni risultati, e non c'è altro che possa fare. E’ nelle mani del clima e della grazia divina. La pioggia dovrà cadere al momento giusto, il sole dovrà risplendere al momento giusto. C’è un limite allo sforzo umano, ma poi c'è l'emergere della grazia divina. Secondo questa prospettiva ci deve essere un giusto equilibrio tra la fiducia in sé stessi e la fiducia nel volere divino. Ciò è conosciuto come karma yoga delle emozioni.
Lasciare andare le ossessioni
Il quinto componente del karma yoga è lasciare andare i propri complessi, le ossessioni che creiamo dentro di noi. Questo è noto come resa. Ma non pensate alla resa come sconfitta, ma come superamento delle proprie ossessioni per diventare liberi. Nel momento in cui si è in grado di lasciar andare le proprie ossessioni si diventa creativi. Le nostre ossessioni non consentono, infatti, alla nostra natura creativa di venir fuori. Creatività non significa solo espressione artistica ma, soprattutto, mente ed emozioni in piena fioritura! La creatività è raggiunta proprio quando siamo in grado di lasciare andare le nostre ossessioni e complessi. La fase successiva diventa allora l'azione disinteressata, che è spontanea e naturale. Si supera l’ego, non c'è desiderio né attaccamento. Tuttavia, la natura egocentrica è solitamente quella predominante e diventare disinteressati è una delle cose più difficili della vita.
Un giorno Dio decise di dare una benedizione ad un santo che aveva fatto molta penitenza. Ma il santo, dal momento che aveva visto Dio, non desiderava altro dalla vita e rifiutò di accettare qualunque cosa. Così Dio gli diede il dono della pace, della prosperità e della salute. Il santo non venne a conoscenza di questa cosa ma ovunque si recasse, si diffondeva la pace, la prosperità e la salute. Questo è un tipico atto disinteressato.
Servizio disinteressato, l'atto disinteressato, è il culmine finale di karma yoga. Se si rapporta il karma yoga con gli altri yoga, si capirà la sua rilevanza. Hatha yoga senza karma yoga non ha alcun significato. Non stiamo parlando di karma ma di karma yoga. Quando la parola yoga viene aggiunta al karma, significa armonia in tutti i movimenti della vita, armonia di tutte le espressioni del corpo e della mente, armonia delle emozioni.                                                                                                                                               Questo è il concetto di karma yoga: interiorizzare la consapevolezza, realizzare la consapevolezza e liberarsi da ossessioni e negatività.
Naturalmente dobbiamo iniziare con qualcosa di tangibile e riconoscibile, e questo è il nostro corpo che ci portiamo dal momento della nostra nascita al momento della nostra morte. Così, hatha yoga e raja yoga, associato al karma yoga conducono ad una più profonda consapevolezza; bhakti yoga e karma yoga significa equilibrare le emozioni; jnana yoga e karma yoga una più profonda conoscenza, osservazione, intuizione, saggezza. Anche kriya yoga e kundalini yoga devono essere affiancati dal karma yoga. L'esperienza che si ha con il risveglio di forze sottili, di energie sottili, di centri psichici, deve essere armonizzata proprio allontanando ogni tendenze negativa per far spazio al sottile.
Come possiamo iniziare a comprendere e ad incorporare il karma yoga nella nostra vita? Cambiando i nostri atteggiamenti e le percezioni attraverso la pratica dello Yoga.


Barcellona, ​​Spagna, 18 maggio 2001




venerdì 13 novembre 2015

Karma Yoga nella vita quotidiana

Swami Saraswati Niranjanananda
Barcelona, Spain, May 18, 2001

Yoga Magazine September 2002



Lo yoga è sempre stato visto come una serie di pratiche da svolgere lontano dal contesto della normale vita sociale, in una classe o in un rifugio in compagnia di "esseri spirituali". Pensiamo che praticando questa o quella tecnica yoga potremo raggiungere questo o quel risultato. In questo modo, però, abbiamo solo collocato lo yoga in un processo di sviluppo della propria consapevolezza ma di tipo meccanico. Dobbiamo abbandonare questa idea e rendere lo yoga parte della nostra espressione naturale. Solo allora yoga diverrà un processo verso la realizzazione di sé.
Se pratichiamo yoga per sentirci bene, sicuramente staremo bene, ma per un po’. Se pratichiamo yoga per rilassarci, sicuramente ci rilasseremo. Se pratichiamo yoga per connetterci con noi stessi anche questo sarà possibile. Qualunque sia lo scopo, esso, però, sarà momentaneo e lo stato raggiunto transitorio, e quando ci si dovrà confrontare di nuovo con la realtà, le tensioni e le frustrazioni della vita quotidiana, allora gli effetti dello yoga diverranno secondari. Di conseguenza, occorre comprendere che la reale esperienza dello yoga avviene attraverso il karma yoga. Anche se si pratica hatha yoga, raja yoga, kundalini o kriya yoga occorrerà affiancarlo al karma yoga per sperimentare realmente il percorso yogico.
Alcune persone credono che karma yoga non abbia gran rilevanza nella loro vita, è solo duro lavoro. Altri pensano che il karma yoga sia rendere servizio al Guru, a Dio o all'umanità oppure sia servizio disinteressato o azione disinteressata. Nessuna di queste definizioni rappresenta il vero spirito del karma yoga, perché karma è una parte integrante della nostra personalità e della nostra vita. Si è tradotto karma come azione, o come causa-effetto, ma nessuna di queste definizioni è vera. Tutta la vita è karma e se si evita il karma allora, semplicemente, voi non esistete.

Espressione della natura del karma

La natura esprime il proprio  karma attraverso gli elementi. Il calore del fuoco è il karma del fuoco. L’espansione dello spazio è il karma dello spazio. Il movimento del vento è il karma dell'aria. La natura liquida dell’acqua è il karma dell’acqua. La solidità della terra è il karma del terreno. Desideri, aspettative e pensieri sono karma della mente. Le espressioni dei sensi costituiscono il karma del corpo. In realtà, noi siamo un karma omogeneo. Il mondo intero e tutta la creazione è un karma omogeneo.

Occorre comprendere che il karma non è solo causa ed effetto, non è solo azione ma un sottile movimento che coinvolge tutte le dimensioni della creazione. Karma è il movimento che accade nel corpo attraverso i sensi e nella mente attraverso le esperienze mentali. Quando si praticano le asana, si sta modificando il karma del corpo e quando si pratica pranayama si sta alterando il karma dell’energia vitale e mentale. Quando poi si pratica la meditazione, si sta modificando il karma della mente sottile e dello spirito. Questo è il modo di gestire il karma che ci influenza in maniera sia positiva, sia negativa. Karma è la consapevolezza del movimento della vita. Non è duro lavoro, non è servizio, non è causa ed effetto, è comprendere il modo in cui interagiamo con noi stessi e con il nostro ambiente.
Nel terzo capitolo della Bhagavad Gita, Krishna afferma che l’oggetto del karma yoga non è mai stato compreso. Ha detto questo 5000 anni fa e oggi è ancora così poiché l’essenza del karma yoga coinvolge la comprensione della natura umana e prevede lo sviluppo della consapevolezza della personalità nella sua interezza. Si tratta del processo di osservare il nostro percorso nella vita, dal livello materiale al sottile e poi a quello spirituale.

Diventare consapevoli

Ci sono cinque componenti del karma yoga. Il primo è la consapevolezza. Il divenire consapevoli inizia con il corpo quando si praticano le asana. La consapevolezza diventa parte della pratica delle asana e del movimento fisico. Se dovete muovere un dito, sarete consapevoli del movimento del dito, ma anche di quello dei muscoli e di quello delle articolazioni, tutti interconnessi: la consapevolezza del dito è quindi anche ossa, muscoli e nervi. I muscoli e le ossa si muovono in modo diverso, i nervi e i legamenti funzionano in modo diverso e la consapevolezza diventa più acuta, più sottile. Ciò che avete osservato inizialmente è dunque una esperienza, ma, successivamente, l’osservazione si è espansa verso altre componenti e forme. L'obiettivo delle asana è quello di renderci consapevoli del nostro corpo e di come si esprime in situazioni normali. La consapevolezza nella pratica delle asana significherà poi comodità e stabilità.

Negli Yoga Sutra, Patanjali definisce le asana come una postura in cui voi siete confortevoli e stabili. Siete stati seduti qui negli ultimi venti minuti, siete stabili e comodi? Alcuni di voi si, lo sono, altri non lo sono, e altri ancora che sono ora comodi non lo saranno più tra una decina di minuti. Al momento non siamo collegati con il corpo: siamo seduti ma non ne siamo consapevoli. Allo stesso modo, quando camminiamo non siamo consapevoli di camminare e quando muoviamo il nostro corpo non siamo davvero consapevoli del movimento del corpo. Lo scopo delle asana è proprio condurci ad uno stato di comodità e stabilità che realizzeremo solo dopo essere divenuti consapevoli.

(continua...)


domenica 1 novembre 2015

Satyananda Yoga

 di Swami Niranjanananda Saraswati



Nel 1956, Swami Sivananda chiamò Swami Satyananda e gli disse: “Rishikesh è troppo piccola per te. Devi andare in giro per il mondo e portare il messaggio dello yoga porta a porta, costa a costa”. Swami Satyananda gli rispose: “Mi stai dando questo ordine ma io non ho così tante radici nello yoga”. “Ti insegno io” disse Sivananda e in quindici minuti gli diede  lo shaktipat della tradizione e cultura dello yoga.  Soltanto un guru capace può trasmettere la conoscenza attraverso lo shaktipat ad un discepolo pronto. Soltanto il filo capace di trasportare la corrente elettrica più alta senza bruciare o fondersi può essere il recipiente dell’alto voltaggio.

Un rishi moderno

Armato di grazia e shaktipat, Swami Satyananda iniziò a diffondere lo yoga. I suoi contributi nel campo dello yoga sono fondamentali; ha sistematizzato il pranayama in pratiche vitalizzanti, tranquillanti ed equilibranti. Prima di allora, il pranayama era un tabù. La gente conosceva solo nadi shodana che nella tradizione era conosciuto come anuloma viloma, inalazione ed esalazione. Egli creò un sistema per la pratica delle asana, dove si inizia con pawanmuktasana e non con la posizione sulla testa – sirsasana- in modo da preparare il corpo a far scorrere meglio i flussi energetici; classificò le tecniche di pratyahara e sviluppò la tecnica di yoga nidra, antar mouna e ajapa japa. Swami Satyananda ha ridefinito lo yoga che conosciamo oggi e la storia lo considera un rishi moderno al pari di Patanjali che una volta scrisse una tesi sul raja yoga e anche al pari di Swatmarama che scrisse un solo libro di hatha yoga. Satyananda ebbe successo quando presentò l’intero sistema e l’intera tradizione dello yoga in un modo pratico, comprensibile, moderno e scientifico.
Alla Bihar School of Yoga e al Bihar School Bharati, facciamo esperienza di questo yoga. Io ho portato avanti il discorso con il supporto e l’aiuto di tutti. Ganga Darshan rappresenta l’impegno e la dedizione che Swami Satyananda ha promesso al suo guru. Satyananda non voleva un ashram o un’istituzione e non voleva neanche diventare un maestro o un guru, non voleva gestire le eccentricità e gli alti e bassi della gente che arrivava con problemi e difficoltà ma quando Sivananda gli impartì quell’ordine, mise da parte le sue aspirazioni personali e disse: “ Questo è l’ordine e il mandato del mio guru e io lo porterò avanti”. Ganga Darshan rappresenta la devozione nei confronti del mandato di Swami Sivananda e non il desiderio personale di Satyananda che lavorò al fine di creare un movimento globale di yoga.
L’aspirazione di Satyananda era quella di essere e vivere come un sannyassin e ottenere quello che ogni sannyasin cerca di avere, la consapevolezza spirituale più elevata.

Un sannyasin moderno

Per Satyananda, il sannyasa non era un passo per diventare un profeta spirituale con occhi sul profitto. Per lui, il sannyasa era il sadhana per stabilire un legame con la consapevolezza più alta. Nella nostra vita siamo soliti giocare con le nostre aspirazioni ma non fu così per lui che invece rimase fedele alle proprie aspirazioni.
Quando si rese conto che aveva onorato il mandato del suo guru e che era libero di vivere come un sannyasin, lasciò Ganga Darshan per vivere in solitudine ed isolamento a Rikhia dove un’altra serie di mandati lo condusse a sviluppare Rikhiapeeth.
Ganga Darshan rappresenta il suo obbligo nei confronti di Swami Sivananda. Io mi connetto allo yoga come viene insegnato qua e con lo stesso spirito, la stessa energia, la stessa devozione e attenzione di Swami Satyananda che mise da parte aspirazioni e desideri. Focalizzarsi solo sul mandato del proprio guru non è cosa da tutti. Anche i sannyasin fanno le loro scelte ed esprimono i propri desideri, non si sono ancora arresi e rimangono attaccati ai propri concetti e alle proprie idee.
Il mio modello di sannyasin è Swami Satyananda che fu fedele unicamente al volere del suo guru. Lui ci ha fornito un’inspirazione ma pochi si sono connessi con questo, io mi metterò in connessione con ciò che mi è stato richiesto e così vivrò.
La mia relazione con lui inizia nel 1958 prima della mia nascita quando era già chiaro che io sarei diventato il suo successore. Allora, Satyananda era senza istituzione e discepoli e nonostante anche io avessi le mie opportunità di vita e ruoli da ricoprire nella vita, dentro di me sapevo che un giorno avrei dovuto camminare da solo.
Nessuno è qualificato o capace di fare esperienza della vita spirituale a meno che non ci sia disciplina, comprensione, consapevolezza, sanyam, contenimento dei sensi, della mente, di parola e comportamento. Senza sanyam non ci può essere consapevolezza o comprensione delle dimensioni spirituali più profonde. Punti di forza per un sannyasin non sono conoscenza, volontà o acutezza intellettuale ma solo il contenimento e la disciplina che coltiva.
La gente è stata iniziata all’ordine dei sannyasin ma non alla tradizione sannyasa. Sannyasa Peeth rappresenta la continuazione della visione e della missione di Swami Satyananda dove uno può imparare a diventare il maestro di se stesso e non vivere la vita flirtando con l’idea del sannyasin. Ecco il prossimo passo.

Il lavoro avrà luogo a Munger. Ganga Darshan rappresenta l’occhio mentre il simbolo dello yoga è ajna chakra. Chandi, la divinità di Munger, è rappresentata dai suoi occhi e ajna chakra è il terzo occhio. Lo yoga aiuta ad acquisire una visione equilibrata e bilanciata fra le esperienze esterne ed interne, fra percezioni e dimensioni. La divinità o shakti di Deoghar è rappresentata dal cuore e il simbolo di Sivananda Math è anahata chakra, il cuore. L’apertura della mente avviene a Ganga Darshan mentre quella del cuore a Rikhia. Il terzo luogo, Sannyasa Peeth, rappresenta le mani qualificate di coloro in grado di assumersi ogni responsabilità e rischio attraverso la fede e la comprensione spirituale e il potere di creare qualcosa di meglio con ciò che è disponibile. Questo significa avere mani costruttive.

Testa, cuore e mani sono i tre aspetti del Satyananda Yoga o della tradizione Satyananda.




sabato 10 ottobre 2015

NON MOKSHA MA EQUILIBRIO – Lo yoga di Swami Sivananda

di Swami Niranjanananda Saraswati

26 July 2014, Swabhoomi Rangamanch, Kolkata, India
(tratto da ultimo numero di YOGAMAG)

La tradizione della Bihar School of Yoga inizia circa 80 anni fa con il nostro guru Swami Sivananda, che è uno fra i più grandi santi dello scorso secolo. L’ashram di Swami Sivananda a Rishikesh è conosciuto come la Divine Life Society.

Yoga per tutti

Il tipo di yoga che Swami Sivananda ha proposto ai suoi discepoli nasceva da una grande motivazione. Per i sannyasin, la filosofia personale e i principi delle loro vite si basano sul Vedanta. Come sannyasin, apparteniamo alla tradizione di Shankaracharya e la filosofia che seguiamo è quella del Vedanta. Questo offre una direzione specifica alle nostre vite e traccia le linee sulle quali ci basiamo.
Swami Sivananda credeva che i sannyasin dovessero inglobare e vivere la filosofia del Vedanta. La filosofia di una persona fa parte della sua vita privata ma, allo stesso tempo, il comportamento e l’interazione dovrebbero essere appropriate alle norme della società e della famiglia.
Quando la vita è in equilibrio con la società e la propria famiglia, uno si trova nella condizione di risvegliare la propria consapevolezza spirituale ed è così che la vita diventa bella e completa.
Swami Sivananda ha detto che lo yoga porta disciplina nella vita di ognuno. Un sannyasin può certamente vivere la propria vita sui principi del Vedanta ma ha bisogno dello yoga per purificare il corpo, la mente e le emozioni per poi sviluppare il proprio potenziale creativo. Lo yoga non è destinato solo ai sannyasin ma è necessario a tutti i membri della società. Attraverso lo yoga si può risvegliare la creatività. Lo scopo dello yoga è di dare fiducia a chi desidera tale risveglio.

Il vero bisogno

Swami Sivananda era uno scienziato. Come medico, conosceva bene sia il corpo che la mente. Quando diventò un sannyasin, sviluppò una profonda conoscenza della spiritualità. Nella nostra tradizione, si dice che fino a quando uno vive nel mondo, il corpo è il mezzo e lo strumento attraverso il quale si può lavorare, fare testa alle proprie responsabilità e vivere il proprio dharma per realizzare al massimo il karma personale.
Questa era la visione che Swami Sivananda ha portato avanti per circa 80 anni. Lo Swami credeva che ogni individuo dovesse fare uno sforzo per crescere spiritualmente ed essere illuminato. I sadhu e i santi dicono che lo scopo della vita è l’illuminazione spirituale e la realizzazione divina anche quando questo non è un bisogno essenziale della propria vita.
Swami Sivananda chiarisce questo fatto con una illustrazione: un uomo cieco ha un profondo desiderio di vedere il sole, ma non è assolutamente necessario per lui vedere il sole, è solo un desiderio. Il bisogno di un cieco è di avere l’abilità di vedere, di avere una visione e quando riesce ad ottenere questa possibilità, è in grado di vedere l’intero creato fatto dal sole.
Questo è il principio di Swami Sivananda. I rishi, i muni e i mahatma sostengono che la realizzazione divina è lo scopo dell’intera esistenza ma questa è una delusione come per l’uomo cieco è quella di vedere il sole. Il bisogno reale non è la realizzazione divina ma quello di gestire bene la propria vita e avere la possibilità di esprimere il proprio potenziale creativo per ottenere pace, abbondanza e prosperità. Quando l’individuo arriva a questo stato di pace e calma dove si sente che non manca nulla, solo allora la sua mente potrà affrontare il viaggio successivo.
Se una persona soffre di asma e le viene detto:”Ascolta amico mio, tu non sei questo corpo, tu sei l’anima immortale”, ecco che questa persona non vi ascolterà. Quando qualcuno soffre di asma, non ha bisogno di ascoltare della filosofia ma ha bisogno di un aiuto concreto, un insegnamento pratico in modo da rimettersi in forma e stare bene. Una volta che avrà ottenuto una salute migliore, per lui sarà anche possibile affrontare nuove questioni. E’ per questo motivo che lo yoga è per il benessere fisico, mentale, emozionale e poi anche per il risveglio spirituale.

La necessità dell’equilibrio

Swami Sivananda afferma che ogni individuo è una combinazione delle facoltà di testa, cuore e mani. Queste tre facoltà devono essere coltivate, risvegliate e nutrite. La facoltà della testa è l’intelligenza, l’abilità di pensare. La facoltà del cuore si riferisce alla sensibilità emotiva e la facoltà delle mani all’espressione creativa dell’individuo.
Se uno analizza la propria vita, diventa chiaro che ogni volta che ha affrontato degli ostacoli e delle difficoltà il problema è sempre stato nell’ambito di queste tre facoltà, sia che la fonte sia emotiva o che non si è stati in grado di usare la propria intelligenza in modo corretto. Se uno non possiede la capacità di analisi, di comprensione, di chiarezza mentale, sarà molto difficile lavorare tanto che la mente sarà sottosopra per i problemi e per gli sforzi. Se uno non ha la stabilità emotiva, sarà subito travolto da ogni fluttuazione dell’ambiente che lo circonda. Le emozioni debilitanti come la rabbia, la paura, il disappunto, la gelosia, la repulsione, l’odio e la competizione si faranno vive e daranno vita ad un ciclo senza fine che creerà solamente ulteriori disturbi alla mente. Quando non c’è chiarezza o equilibrio nelle emozioni o nell’intelletto, diventerà difficile portare a termine qualsiasi tipo di lavoro nonostante si possano avere anche le competenze necessarie.
Se desiderate sintonizzarvi con il sentiero del progresso, queste tre condizioni, pensieri, emozioni e azioni, devono essere comprese bene e poi bilanciate. Swami Sivananda ha fatto dello yoga il mezzo o il supporto per raggiungere questo stato e quindi non ha mai detto che il fine dello yoga è moksha. Lui ha visto lo yoga come la possibilità per ottenere la capacità espressiva della vita al massimo.




giovedì 1 ottobre 2015

Il distacco è diverso dalla rinuncia

di  Swami Satyasangananda Saraswati


tratto da
http://www.yogamag.net/archives/2006/ajan06/det.shtml



Per essere distaccati, occorre rinunciare a tutto?


Spesso immaginiamo che una persona distaccata sia indifferente verso chi gli sta intorno e indisposta verso le cose che gli ricordano ciò a cui ha rinunciato. Questo non è vero. Il distacco è possibile solo per coloro che rimangono inalterati o indisturbati da ogni situazione della vita. Solo coloro i quali sono in grado di mantenere l’equilibrio di fronte al successo ed al fallimento, all'amore e all'odio, al dolore e al piacere, sono veramente indipendenti.

Con l’attaccamento nasce la dipendenza nei confronti dell'oggetto del vostro attaccamento e con la dipendenza sopraggiunge anche la schiavitù. Se l’oggetto dell’attaccamento è fuori dalla vostra portata, diverrete infelici e bramosi. Se poi riuscirete a possederlo, sarete nel costante timore di perderlo. In tal modo, la vostra libertà di espressione, i vostri modelli di comportamento e di vedere la vita diverranno limitati.

Con l’attaccamento l'idea del possesso, dell’appartenere - la mia casa, la mia macchina, la mia famiglia, la mia ricchezza  si rafforza. Questo senso di appartenenza è un risultato dell'ego inferiore. Con ogni nuovo possesso il vostro ego sarà rafforzato e lo diventerà sempre di più fino a quando i beni posseduti inizieranno a dominare e controllare la vostra vita.

Immaginate un uomo enorme incatenato al suolo che, sembra, non abbia una via di fuga. Questo è il modo in cui stiamo incatenati agli oggetti del nostro attaccamento!
Il distacco, invece, sviluppa libertà di pensiero, parola e azione. Vi libera dalle catene che vi legano ad un livello ordinario di consapevolezza. Colui che è libero dagli attaccamenti può godere di ogni piacere della vita, acquisire benessere, creare una famiglia che ama, mantenere sotto controllo la propria attività lavorativa per quanto impegnativa essa sia: difficilmente ne sarà soggiogato! Egli riuscirà a godere di tutto, ma come padrone e non come schiavo. Grazie al distacco, è possibile sviluppare una libertà interiore o indipendenza, che nulla può intaccare. Nessuna avversità può colpire chi è libero dagli attaccamenti, e nessun successo, per quanto immenso, lo può influenzare, perché egli ha sviluppato l’equanimità. Questo è il modo per diventare padroni di sé stessi in ogni situazione.

Il distacco deve essere inteso come la capacità di rimanere inalterati a fronte alle prove e alle tribolazioni della vita. Con il distacco si realizza un immenso senso di amore e di unità con ciò che ci circonda. Si comprenderà che in passato si è amato perché si era dipendenti dall’oggetto dell’amore ed era solo tale dipendenza a determinare la propria felicità. E così, si è smesso di amare. Tuttavia, con il distacco, realizzerete che l'amore che non è vincolato o limitato dalle proprie simpatie o antipatie, né tantomeno da bramosie o ambizione. L'amore è privo di motivi personali.

Il guru è un’espressione dello spirito universale. Sebbene il guru ami tutti allo stesso modo, egli è veramente distaccato, indipendente dai fattori esterni o interni che dominano gli esseri umani. Per il guru, santo o peccatore, ricco o povero, istruito o stupido, bello o brutto, sono tutti uguali!

Sebbene il distacco sia uno processo spontaneo di sviluppo interiore, i karma Sannyasins possono implementarlo nella loro vita sviluppando dapprima proprio l’attaccamento. E' solo dopo aver sviluppato un attaccamento universale a tutto ciò che vi circonda che si inizierà a sperimentare il distacco interiore.

Come pubblicato dal “Times of India”, September 22nd, 2005




lunedì 14 settembre 2015

Come si trova il Guru?

Come si trova il Guru?
di Satsang di Swami Satyananda

tratto da http://www.rikhiapeeth.net/

Capita a volte che i guru siano in cerca di discepoli che prima o poi troveranno ma i discepoli sono impazienti e vogliono il guru migliore senza capire e conoscere che loro stessi devono essere i discepoli migliori. Un discepolo può trovare il guru solamente in base al proprio sviluppo.
Da che parte sta il discepolo? Quale é il suo traguardo spirituale? Quale é il livello del suo distacco? Tutto ciò non ha importanza in quanto i guru sono sempre alla ricerca di discepoli e non per aumentare la propria tribù ma perché sono anime disinteressate ed ispirate che agiscono nel bene delle anime che si trovano in avidya e nel buio.
Non preoccupatevi e non perdete il vostro tempo alla ricerca di guru, potreste trovare materiale sbagliato. E’ meglio prepararsi, sviluppare distacco, migliorare la sincerità, correggere l’ordine dei propri pensieri e della propria vita, migliorare la qualità della vostra concentrazione, andare ai Satsang, ai kirtan, ai bhajan e così via.
Un guru deve essere un sadhaka. Anche se non è in grado di cantare o di tenere dei discorsi, anche se non sa interpretare i Brahma Sutra e la Bhagavad Gita, deve comunque fare esperienza perché senza esperienza sarebbe solo un logico, una persona con intelletto in grado di spiegare le scritture, sarebbe un Acharaya, non un guru. Gente come Ramakrishna, Ramana Maharish, Anandamayi Ma, Kabir, Mirabaj, Tukaram e Gyandev potevano parlare della natura di ogni forma di realtà perché ne avevano fatto esperienza e avevano rimosso avidya. Quando Kabir morì, il suo corpo fisico si trasformò in fiori. Quando Mirabaj lasciò il corpo, si trasformò in una forma fisica di luce, diventò Jyoti.
Colui che ha il controllo dei tattwa, che ha il controllo dei propri samskara, che può viaggiare dentro e fuori se stesso ed è stato dotato con la visione della luce, che può perdere consapevolezza senza paura della morte, è un Guru.
Guru è una parola composta da due lettere, gu che significa buio e ru che significa scacciare. Guru significa dispersore del buio. Ma cosa è il buio? Avidya è buio. Siamo tutti nel buio perché non possiamo vedere la luce. E cos’è la luce? Atmajyoti, il Sé, è la luce.
Quindi non preoccupatevi di cercare un guru. Diventate buoni discepoli e poi troverete un guru. I guru sono nati guru, i discepoli sono nati discepoli. Se il guru è grande, anche i discepoli saranno grandi. Non pensate che esista una promozione da discepolo a guru. I discepoli non diventeranno mai guru, I miei discepoli possono chiamarmi guru ma io stesso sono nato discepolo e tale rimarrò. I guru sono coloro che discendono con la particolarità della divinità dagli alti reami della consapevolezza sul piano della nostra coscienza. Quindi, noi rimaniamo discepoli e loro guru.
Fino a quando non avrete un guru non potete dichiararvi discepoli e questo è chiaro. Io sono sempre un discepolo del mio guru e non posso diventare un guru perché se un discepolo è pieno di gloria, lui è più grande del guru. Se diventassi guru, il mio ego diventerebbe grasso come un bufalo. L’ego è il grande nemico di un aspirante spirituale. “Sono un grande uomo” – ecco, questo pensiero è una bomba ad orologeria. “Sono un guru” – ecco, questo pensiero è veleno, un virus. “Sono un discepolo” – ecco, questa è umiltà, semplicità perché se vi considerate modesti più di un filo d’erba, sarete più vicini a voi stessi e a Dio, e ancora più vicino alla creazione. Così ho sempre vissuto con la consapevolezza del discepolo e sto lavorando come un medium, come uno strumento del mio guru.

Come si diventa buoni discepoli?

Un grande discepolo non è un buon discepolo. Ci deve essere completa umiltà, assenza di ego, sottomissione totale come se non si esistesse, come se si fosse un flauto. Un bambù vuoto può diventare un flauto ma non ci devono essere nodi. Solo così può produrre una bella melodia. Fino a quando esisterete, il guru non potrà essere in voi. Perché lui possa funzionare attraverso voi, dovete svuotarvi. E questo processo è possibile solo con la pratica del sadhana. Un discepolo non deve praticare hatha yoga, raja yoga, karma yoga o bhakti yoga, deve solo svuotarsi.
Mio Signore, prima di te io non esisto. Non posso pensare. Tu pensi attraverso me. Lascio la scelta della mia vita nelle tue mani. Questo è il tipo di abbandono, quello che noi chiamiamo atma samarpan. L’abbandono è la chiave di quello che chiamiamo la conoscenza più alta. Per quanto tempo potete mantenere alta la vostra testa se è piena di arroganza e ignoranza, se c’è conflitto e dualità. Per sradicare questa dualità ci vogliono diverse vite.
Forse il vostro guru non è grande ma un uomo ordinario. Forse il mio guru è molto più ordinario di me, non lo so, ma quando mi svuoto e mi abbandono completamente in totale umiltà, ecco che le cose accadono.
Il guru rappresenta due realtà, l’insegnante e la realtà permanente. Il guru è l’insegnante e l’abitante del vostro cuore. Come insegnante vi potrà insegnare e come abitante del cuore vi guiderà nella vostra evoluzione e nel vostro appagamento. Lasciate che le cose accadano. Il guru è il pastore; se lo lascerete fare, si prenderà cura di voi.

Quali sono i pericoli della vita sprirituale?

Nella mia vita di discepolo, ho osservato diverse cose che potrebbero essere pericolose. Quando vivevo con il mio guru, Swami Sivananda, in molti pensavamo di sapere più di lui. Infatti, credevamo che la crescita e lo sviluppo dell’istituzione dipendeva dai nostri sforzi. C’era molto intellettualismo in noi e a causa di questo nessuno riusciva ad avvicinarsi al nostro guru come un fanciullo. Una volta gli abbiamo posto questo problema chiedendogli: “Spesso ci sentiamo come se sapessimo più di te e a volte pensiamo anche tu stia facendo degli errori”. Swamiji rispose così: “Avete ragione”. Quella era tutta la sua grandezza e quella era anche la nostra meschina mancanza di vedute.
Quando diventate un discepolo, sia laico che sannyasin, e avete accettato un mantra da un guru, diventa importante che lui possa vivere nel vostro cuore come una luce costante. Mantenendo la consapevolezza sul vostro guru, sarete in grado di sviluppare il satguru, il guru che dimora all’interno. 




giovedì 27 agosto 2015

La relazione guru-discepolo

 di Swami Satyananda
tratto da http://www.rikhiapeeth.net

Come tutta la gente del mondo celebra le giornate dedicate a tutti i santi e ai morti, in India, celebriamo il giorno di tutti i guru. Poornima è la luna piena che rappresenta il punto più alto di realizzazione, quando la luce risplende al massimo nell’oscurità più completa. Il guru è colui che risplende come la luna piena in una notte buia. Quindi, una volta l’anno, durante la luna piena di luglio, ci riuniamo e celebriamo Guru Poornima in modo da dedicare tutto al guru.

Ogni anno rispettiamo il Guru Poornima perché ci possa ricordare della nostra eredità spirituale e perché possa ristabilire il legame con le forze più alte che guidano la nostra evoluzione. Il guru è colui che  ha completamente trasformato la propria coscienza. Avendo completato questo ciclo evolutivo, non c’è altro da fare per lui se non elevare la coscienza dell’umanità.

La tradizione del guru non è moderna anzi è molto antica. Anche prima dell’avvento dell’uomo, il guru esisteva sotto forma di natura che guidava le stagioni, le piante e gli animali. Gli uomini preistorici e dell’età della pietra avevano il guru; gli animisti, i naturalisti e gli idolatri avevano i guru. Coloro che praticavano i sacrifici animali, che credevano negli dei astratti, che volevano imparare la magia, ottenere i siddhi e praticare la stregoneria, avevano i guru.  La tradizione del guru non è confinata all’India. La civiltà di Atlantide aveva molti più guru di qualsiasi altra civiltà. Il Sud America, l’Europa, l’Egitto, la Mesopotamia, il Tibet, la Cina e il Giappone avevano dei guru.  Migliaia di anni fa ci doveva essere un Guru Poornima in tutto il mondo. La tradizione del guru è universale ma con gli anni, è stata gradualmente distrutta da ogni parte. Nessun altro paese ad eccezione dell’India è stato in grado di mantenerla.

La relazione guru-discepolo è sicuramente uno degli aspetti più significanti dell’evoluzione umana. Questo rapporto forma le basi del culto, delle organizzazioni e delle istituzioni, spirituali e non. Quando pensiamo alle grandi culture che sono fiorite nel passato, come d’altronde quelle che esistono oggi, ci rendiamo conto che sono basate sulla stessa relazione vitale. Tutte le tradizioni, l’arte e le scienze si sono tramandate da generazione in generazione da guru a discepolo, da maestro ad apprendista, da padre a figlio.

La relazione guru-discepolo è il legame umano con facoltà più elevate. La più grande dimensione dell’essere. Senza questa dimensione, saremmo certamente persi nelle diversità del mondo esterno. E’ soltanto la grazia salvifica del guru e del maestro che ci riporta alla sorgente interna da dove tutti i nostri potenziali emanano. Questo è perché i grandi maestri sono stati considerati come le pietre fondamentali della cultura più elevata. Senza la loro conoscenza e la loro ispirazione, le tradizioni non sarebbero sopravvissute e la cultura non sarebbe durata.

In India, consideriamo i guru e i rishi dei tempi antichi e anche quelli moderni come la luce e la forza della nostra eredità culturale. Quello che hanno scritto e insegnato nei Veda, nelle Upanishad e nel Tantra non è stata solo filosofia ma una vera e propria arte del vivere. Hanno incoraggiato la gente a combattere per realizzare le loro vite con l’astinenza, l’autocontrollo, la visione interna e l’autoanalisi. Queste qualità hanno un’influenza potente sull’intera società. Se tutta la gente potesse coltivarle, potete ben immaginare a quale livello arriverebbe tale cultura, diventerebbe effettivamente un’utopia universale.

Nella mente dei nostri guru e dei nostri rishi c’era la creazione di una cultura così. Dopo migliaia di anni di esperimenti, sono arrivati a formulare un sistema dove ogni individuo può nuovamente orientarsi  ed aprire le porte delle proprie percezioni. Questa è la scienza dello yoga. Proprio come il vasaio riscalda l’argilla dei vasi per renderla forte, così lo yoga fornisce quel trattamento di calore per la mente vulnerabile. Tempra e rende forti abbastanza per i cambiamenti sconvolgenti della vita.

Anche se i guru hanno immaginato una razza umana evoluta ed erano a conoscenza che una tale cultura era già fiorita nell’antichità, sono stati incapaci di introdurre lo yoga nella società dei loro tempi a causa di situazioni politiche avverse. E’ così che rimasero isolati e hanno conservato questa conoscenza per un tempo in cui l’uomo potesse essere pronto.

Questa è stata la situazione fino al XX secolo quando finalmente l’età dell’Acquario è arrivata. In questo periodo, il dominio dei re e dei monarchi è passato nelle mani dell’uomo.  Quando agli uomini è stata data la possibilità di partecipare agli affari della comunità e dello Stato,  essi hanno iniziato anche ad assumersi la responsabilità della propria vita. Inizialmente, con  la ridistribuzione della ricchezza e l’arrivo dell’industrializzazione, la gente si è concentrata maggiormente sugli aspetti materialistici ma oggi questo trend sta rapidamente cambiando e infatti sempre più persone si rivolgono allo yoga per la soluzione ai loro problemi.

Ora la gente è pronta per lo yoga ed è tempo di restaurare la cultura yogica. Molte anime realizzate si muovono fra la gente per rendere lo yoga più accessibile, per aprire ashram e centri yoga. Stiamo assistendo all’inizio del grande rinascimento dello yoga. Ci stiamo preparando per fare un passo da giganti nel corso dell’evoluzione umana. Presto, la gente praticherà yoga ovunque e anche chi non la praticherà, ne avrà almeno sentito parlare. Il Guru Poornima diventerà una festività internazionale dove uomini, donne e bambini si dedicheranno al guru e all’avvento della cultura yogica.


sabato 25 luglio 2015

Il vero scopo dello yoga ***seconda parte di HATHA YOGA – LE FONDAMENTA DEL TANTRA***

Swami Satyananda Saraswati
da yoga mag Agosto 2010 Teaching of Sri Swamiji

http://www.yogamag.net/archives/2010/haug10/teach4.shtml

Il vero scopo dello yoga è quello di creare equilibrio nell’interazione delle due forze, pranica e mentale. Quando si raggiunge questo equilibrio, gli impulsi generati scuotono sushumna nadi, la forza centrale responsabile dell’illuminazione dei centri più alti della coscienza umana.

Il vero scopo dello yoga non è quello di avere un corpo sano o di migliorare la salute ma di energizzare e risvegliare i centri più alti responsabili dell’evoluzione umana. Se l’hatha yoga non viene usato per questo, il suo vero scopo originale viene a mancare.

Il genere umano si deve evolvere. La trasformazione è un fatto scientifico e non filosofia o credenza. Il sentiero della trasformazione e dell’evoluzione dà uno scopo alla vita. Non possiamo rinnegare l’evoluzione. Nell’universo, tutto evolve, anche le rocce. Se esiste metamorfosi in ogni cosa creata, perché la coscienza dell’uomo non dovrebbe evolversi? Il corpo fisico è soggetto a continue trasformazioni che riguardano ogni molecola della sua sostanza materiale.

La gente deve iniziare a capire che la materia è la forma ultima di energia e quindi bisogna ridefinire quello che è il corpo e come la sua trasformazione può avvenire. Può quindi il corpo trasformarsi in particelle di luce? Questo è da capire a livello di termini scientifici e non di fede o idea. Può il corpo attraversare uno stadio di metamorfosi e se si, quale è il modo? La risposta è lo yoga.

Con lo yoga, il corpo viene reso più sottile e puro e può affrontare meglio il processo degenerativo del tempo e della malattia. L’hatha yoga mette in moto nel corpo fisico un processo dove l’interazione fra le particelle praniche e la forza mentale si trasforma. Fino a quando le molecole fisiche non si trasformano, diventa inutile discutere di compassione e unità.

Davanti a noi, si presenta una grande sfida. Se la materia nella sua forma ultima è energia, può questo nostro corpo fisico essere trasformato in energia solida attraverso le pratiche sistematiche delle sei tecniche di purificazione yogica, dalle asana e dal pranayama?

Hatha yoga è la preparazione al pranayama che è molto di più di un insieme di tecniche di respirazione. In sanscrito, ayama significa letteralmente dimensione e non controllo. Il pranayama viene praticato per espandere la dimensione del prana.  Anni fa, volevo conoscere di più circa le dimensioni del prana, volevo sapere se aveva livelli diversi di esistenza e a quale livello scorresse. Volevo sapere cosa succedeva se il flusso del prana veniva interrotto e così via. A quel tempo feci un sogno dove una bellissima città aveva strade lungo le quali c’erano dei poli elettrici ma io entravo negli edifici e tutto era spento, non c’era elettricità, tutto era immerso nel buio.

Allo stesso modo, dentro di noi ci sono diversi piani di esistenza, aree di coscienza che sono completamente al buio nonostante siano molto più belle e creative di quelle in quale noi viviamo. La domanda però è, come è che facciamo a penetrarle e ad illuminarle? Bisogna diventare capaci di fare esperienza di questi piani anche se solo nello stato di sogno o di sonno. Quando l’energia pranica viene risvegliata attraverso il pranayama, questa ha modo di circolare anche in queste aree scure. E’ così che tutta la città interna all’uomo può illuminarsi e quindi permettere all’uomo stesso di rinascere in una nuova dimensione di esistenza, fare esperienza di una nuova zona.

La mia tradizione è quella del Vedanta ma ho oramai realizzato che la filosofia è intellettuale e attraverso l’intelletto non si potrà mai raggiungere il punto dal quale evolvere. L’intelletto può essere una barriera per il risveglio spirituale e quindi necessitiamo di un modo molto più potente per trascendere. Io ho provato molti metodi e ho scoperto che il pranayama è quello più efficiente.

Praticando pranayama, non ci si deve preoccupare della mente; la mente selvaggia non esiste più. Continuando a praticare pranayama, spingerete la forza pranica in diverse aree buie della vostra coscienza e la mente evaporerà. Non ci sarà il pensiero che è un impressione. Questo che leggete è un’impressione e si diventa coscienti delle impressioni passo dopo passo. I pensieri non si muovono, non viaggiano nel passato, nel presente e nel futuro, semplicemente sono lì.

Con il pranayama, il processo spontaneo del corpo, del cervello e della mente può essere controllato. Questo tipo di controllo, vi permette di dirigere il corso della vostra vita, il vostro destino, la vostra morte. Quando cambiate la struttura della materia fisica, anche la sostanza mentale subisce automaticamente un cambiamento. La mente è un’ulteriore manifestazione del corpo e quando influenzate la mente influenzate anche lo spirito. Cosi, corpo, mente e spirito non sono la trinità ma l’uno, l’unità.

Se volete raggiungere un’esperienza trascendentale, le pratiche di hatha yoga e pranayama devono essere perfezionate osservando regole e limitazioni. Questo non vuol dire rinunciare ai piaceri della vita ma, se avete deciso di saltare in un’altra dimensione di coscienza, dovete essere pronti al sacrificio di alcune cose che contrastano questo processo. Questo è un punto molto importante da considerare. Vi ricordo quindi, ancora una volta, che le pratiche di hatha yoga, di asana, di pranayama sono state messe a punto per sviluppare la qualità della coscienza umana e non solo la mente. Solo con questo atteggiamento, potrete progredire.

Ho grande rispetto per la meditazione ma è necessario praticare i primi tre stadi preparatori per poi andare oltre. Se la preparazione è perfetta, non ci sarà bisogno di imparare a praticare meditazione. Un bel mattino, mentre state praticando pranayama, la vostra mente si eleverà in un nuovo reame di conoscenza.

Dublin, 1979 European Tour.
First published in YOGA Vol. 18, No. 3 (March 1980)


martedì 30 giugno 2015

HATHA YOGA – LE FONDAMENTA DEL TANTRA

Swami Satyananda Saraswati
da yoga mag Agosto 2010 Teaching of Sri Swamiji
http://www.yogamag.net/archives/2010/haug10/teach4.shtml


L’Hatha Yoga è una scienza importante. Anticamente veniva praticata come preparazione agli stadi di coscienza più alti ma,oggi, il reale scopo di questa scienza è stato dimenticato. Le pratiche dell’hatha yoga per l’evoluzione dell’uomo, individuate dai rishi e dai saggi antichi, in realtà, non sono comprese bene e vengono utilizzate in modo limitato.

Hatha Yoga riguarda due sistemi vitali del corpo fisico, la forza lunare e solare. Nel tantra e nell’hatha yoga, queste forze sono conosciute come ida e pingala e rappresentano la parte mentale e quella pranica. Nel corpo, la forza pranica e mentale interagiscono, controllando, guidando e dirigendo i sensi dell’azione e della conoscenza. E’ grazie a loro che viviamo, ci muoviamo, pensiamo e conosciamo.

Queste due forze vengono dirette dalle nadi ida e pingala all’interno del passaggio spinale; si diffondono da ogni chakra verso i diversi organi e parti del corpo attraverso il sistema reticolare delle nadi. Nadi non significa nervo ma flusso, come quello dell’elettricità, delle onde radio o come il flusso di luce canalizzato in un raggio laser. Questi canali o flussi trasportano due energie che interagiscono in ogni poro del corpo umano. Non c’è un solo punto del corpo dove non ci sia questo scambio, questa relazione.

Nelle pratiche di hatha yoga, noi ci mettiamo in contatto con queste due forze. Se prevale la forza pranica, ci saranno degli scompensi legati alla produzione eccesiva di prana mentre se prevale la forza mentale, gli scompensi riguarderanno la mente. Questa è la definizione dei disturbi psicosomatici che non originano solo nella mente ma anche nel corpo. La mente e il corpo non sono due realtà separate. Sotto alcuni aspetti consideriamo corpo e mente separati ma in realtà non è così.

Per purificare la mente risulta necessario sottoporre il corpo ad un processo generale di purificazione. Per questo motivo, l’hatha yoga viene considerata come la scienza del purificare. Anche la purificazione dell’intero sistema nervoso fa parte dell’hatha yoga. Oltre a purificare il corpo, quindi, bisogna purificare le nadi; purificando il corpo, miglioriamo il flusso delle nadi e rimuoviamo i blocchi energetici in modo da permettere all’energia di muoversi come frequenze radio lungo la struttura fisica dei canali (nadi) e facilitare la risalita verso il cervello.


Di conseguenza, l’hatha yoga va considerata come pratica preliminare del tantra, del kundalini yoga e del kriya yoga. Quando i rishi scoprirono questa scienza, non avevano certo in mente quello che oggi viene chiamato yogaterapia. Anche se oggi è stato accertato che lo yoga produce benefici nel trattamento di alcune malattie, bisogna considerare questo episodio come accidentale, come collaterale. (continua...)