di Swami Niranjanananda
Saraswati
26 July 2014, Swabhoomi Rangamanch, Kolkata,
India
(tratto da ultimo numero di YOGAMAG)
La
tradizione della Bihar School of Yoga inizia circa 80 anni fa con il nostro
guru Swami Sivananda, che è uno fra i più grandi santi dello scorso secolo.
L’ashram di Swami Sivananda a Rishikesh è conosciuto come la Divine Life
Society.
Yoga per tutti
Il
tipo di yoga che Swami Sivananda ha proposto ai suoi discepoli nasceva da una
grande motivazione. Per i sannyasin, la filosofia personale e i principi delle
loro vite si basano sul Vedanta. Come sannyasin, apparteniamo alla tradizione
di Shankaracharya e la filosofia che seguiamo è quella del Vedanta. Questo
offre una direzione specifica alle nostre vite e traccia le linee sulle quali
ci basiamo.
Swami
Sivananda credeva che i sannyasin dovessero inglobare e vivere la filosofia del
Vedanta. La filosofia di una persona fa parte della sua vita privata ma, allo
stesso tempo, il comportamento e l’interazione dovrebbero essere appropriate
alle norme della società e della famiglia.
Quando
la vita è in equilibrio con la società e la propria famiglia, uno si trova nella
condizione di risvegliare la propria consapevolezza spirituale ed è così che la
vita diventa bella e completa.
Swami
Sivananda ha detto che lo yoga porta disciplina nella vita di ognuno. Un
sannyasin può certamente vivere la propria vita sui principi del Vedanta ma ha
bisogno dello yoga per purificare il corpo, la mente e le emozioni per poi
sviluppare il proprio potenziale creativo. Lo yoga non è destinato solo ai
sannyasin ma è necessario a tutti i membri della società. Attraverso lo yoga si
può risvegliare la creatività. Lo scopo dello yoga è di dare fiducia a chi
desidera tale risveglio.
Il vero bisogno
Swami
Sivananda era uno scienziato. Come medico, conosceva bene sia il corpo che la
mente. Quando diventò un sannyasin, sviluppò una profonda conoscenza della
spiritualità. Nella nostra tradizione, si dice che fino a quando uno vive nel
mondo, il corpo è il mezzo e lo strumento attraverso il quale si può lavorare,
fare testa alle proprie responsabilità e vivere il proprio dharma per
realizzare al massimo il karma personale.
Questa
era la visione che Swami Sivananda ha portato avanti per circa 80 anni. Lo
Swami credeva che ogni individuo dovesse fare uno sforzo per crescere
spiritualmente ed essere illuminato. I sadhu e i santi dicono che lo scopo
della vita è l’illuminazione spirituale e la realizzazione divina anche quando
questo non è un bisogno essenziale della propria vita.
Swami
Sivananda chiarisce questo fatto con una illustrazione: un uomo cieco ha un
profondo desiderio di vedere il sole, ma non è assolutamente necessario per lui
vedere il sole, è solo un desiderio. Il bisogno di un cieco è di avere
l’abilità di vedere, di avere una visione e quando riesce ad ottenere questa
possibilità, è in grado di vedere l’intero creato fatto dal sole.
Questo
è il principio di Swami Sivananda. I rishi, i muni e i mahatma sostengono che
la realizzazione divina è lo scopo dell’intera esistenza ma questa è una
delusione come per l’uomo cieco è quella di vedere il sole. Il bisogno reale
non è la realizzazione divina ma quello di gestire bene la propria vita e avere
la possibilità di esprimere il proprio potenziale creativo per ottenere pace,
abbondanza e prosperità. Quando l’individuo arriva a questo stato di pace e
calma dove si sente che non manca nulla, solo allora la sua mente potrà
affrontare il viaggio successivo.
Se
una persona soffre di asma e le viene detto:”Ascolta amico mio, tu non sei
questo corpo, tu sei l’anima immortale”, ecco che questa persona non vi
ascolterà. Quando qualcuno soffre di asma, non ha bisogno di ascoltare della
filosofia ma ha bisogno di un aiuto concreto, un insegnamento pratico in modo
da rimettersi in forma e stare bene. Una volta che avrà ottenuto una salute
migliore, per lui sarà anche possibile affrontare nuove questioni. E’ per questo
motivo che lo yoga è per il benessere fisico, mentale, emozionale e poi anche
per il risveglio spirituale.
La necessità dell’equilibrio
Swami
Sivananda afferma che ogni individuo è una combinazione delle facoltà di testa,
cuore e mani. Queste tre facoltà devono essere coltivate, risvegliate e
nutrite. La facoltà della testa è l’intelligenza, l’abilità di pensare. La
facoltà del cuore si riferisce alla sensibilità emotiva e la facoltà delle mani
all’espressione creativa dell’individuo.
Se
uno analizza la propria vita, diventa chiaro che ogni volta che ha affrontato
degli ostacoli e delle difficoltà il problema è sempre stato nell’ambito di
queste tre facoltà, sia che la fonte sia emotiva o che non si è stati in grado
di usare la propria intelligenza in modo corretto. Se uno non possiede la
capacità di analisi, di comprensione, di chiarezza mentale, sarà molto
difficile lavorare tanto che la mente sarà sottosopra per i problemi e per gli
sforzi. Se uno non ha la stabilità emotiva, sarà subito travolto da ogni
fluttuazione dell’ambiente che lo circonda. Le emozioni debilitanti come la
rabbia, la paura, il disappunto, la gelosia, la repulsione, l’odio e la
competizione si faranno vive e daranno vita ad un ciclo senza fine che creerà
solamente ulteriori disturbi alla mente. Quando non c’è chiarezza o equilibrio
nelle emozioni o nell’intelletto, diventerà difficile portare a termine
qualsiasi tipo di lavoro nonostante si possano avere anche le competenze
necessarie.
Se
desiderate sintonizzarvi con il sentiero del progresso, queste tre condizioni,
pensieri, emozioni e azioni, devono essere comprese bene e poi bilanciate.
Swami Sivananda ha fatto dello yoga il mezzo o il supporto per raggiungere
questo stato e quindi non ha mai detto che il fine dello yoga è moksha. Lui ha
visto lo yoga come la possibilità per ottenere la capacità espressiva della
vita al massimo.