giovedì 26 settembre 2013

Mirabai

dagli insegnamenti di Swami Sivananda Saraswati

Mirabai è considerata una reincarnazione di Radha (*vedi nota). Nacque nel 1502 nel villaggio di Kurkhi nel Rajasthan. Era la figlia di Rathan Singh Ranthor, che, insieme a tutta la famiglia, era un grande devoto di Vishnu. Mira fu cresciuta con gli insegnamenti Vaishnava che influenzarono tutto il suo cammino sul sentiero di devozione nei confronti di Lord Krishna.

Infanzia
A quattro anni, Mira manifestò tendenze religiose e imparò ad onorare Krishna. Un giorno, davanti alla sua casa, passò una processione matrimoniale, vide la sposa tutta ben vestita e chiese innocentemente alla madre: “Mamma, chi sarà il mio sposo?”. La mamma sorrise e un po’ scherzando e un po’ seriamente, indicò l’immagine di Sri Krishna: “Mia cara Mira, Lord Krishna – quella bellissima immagine – sarà il tuo sposo”.
La giovane iniziò ad amare intensamente l’idolo di Krishna e a passare il suo tempo lavandolo e vestendolo. Onorava l’immagine, dormiva con lui, ci ballava intorno estasiata, le cantava delle bellissime canzoni e le parlava.

Familiari
Il papà di Mira organizzò il suo matrimonio con Rana Kumbha di Chitore. Mira fu una moglie devota che obbediva agli ordini del marito. Alla fine di ogni giornata, quando i doveri domestici erano terminati, andava al tempio di Lord Krishna e lo onorava cantando e ballando; l’immagine si alzava, la abbracciava, suonava il flauto e le parlava.
Alla suocera, chiacchierona e gelosa, non piaceva il comportamento di Mira e cercava di obbligarla a venerare la dea Durga ma lei non cedeva e rispondeva: “Ho già dato la mia vita al mio amato Lord Krishna”.
Sua cognata diede inizio ad una congiura contro di lei e iniziò a diffamarla dicendo a  Rana Kumbha che Mira era segretamente innamorata di atri e che lo aveva visto con i suoi occhi. Gli disse anche che gli avrebbe rivelato il nome degli amanti se lui fosse andato con lei al tempio di notte e che Mira stava disonorando la loro famiglia.
Nel cuore della notte, Rana spalancò la porta del tempio e corse dentro, trovando Mira estatica mentre parlava al suo idolo. Le domandò: “Mira, con chi stai parlando? Svelami il tuo amante”. Lei rispose:” Lì siede il mio Signore, il Navichora che ha rubato il mio cuore” e così dicendo, ricadde in trance.

Tortura
Mira fu perseguita da Rana e la sua famiglia in molti modi. Ricevette lo stesso trattamento che Prahlad ricevette da suo padre Hiranyakashipu. Lord Hari difese Prahlad così come il Signore Krishna rimase sempre al fianco di Mira.
Un giorno, Rana nascose un cobra in un cestino contenente una ghirlanda di fiori e lo spedì a Mira. Dopo aver fatto il bagno e aver onorato Krishna, lei lo aprì e ci trovò una bellissima statuina di Krishna immerso nei fiori.
Un’altra volta, Rana le mandò una tazza contenente veleno con un messaggio che diceva che era nettare. Come prima cosa Mira lo offri al Signore e poi lo consumò come Prasad e il veleno si trasformò in vero nettare. Ancora in un’altra occasione ricevette da Rana un letto di chiodi dove, dopo il rituale, Mira si coricò e questo divenne un vero letto di rose. (continua….)

Note:

*Radha. Presso la religione induista, Radha (o Radharani) è la consorte di Krishna (l'ottavo avatar di Visnu), nonché un'importante personificazione della Shakti, l'energia divina femminile. Nell'articolata simbologia induista, Radha rappresenta la totale devozione per Dio e l'abbandono incondizionato a Lui.

lunedì 9 settembre 2013

Ricreare un’immagine

Tratto da Le Vritti

di Swami Niranjanananda Saraswati

La mente lavora in tre modi. Possiede l’abilità di ricreare qualcosa ma quando le facoltà e le energie della mente sono dissipate, quello che ricreiamo nella nostra testa non sarà chiaro. Questa è conosciuta come immaginazione. Quando le facoltà diventano più rilassate e focalizzate, quello che ricreiamo assumerà una forma più limpida. Ci sarà un momento in cui non saremo in grado di capire se quello che vediamo internamente è differente da quello che vediamo esternamente.
Facciamo un esperimento.
Chiudete gli occhi.
Con gli occhi chiusi, pensate mentalmente ad un fiore, qualsiasi tipo di fiore, e cercate di vedere quel fiore nello spazio di chidakasha, lo schermo interno che sta davanti ai vostri occhi chiusi.
Semplicemente osservate il pensiero del fiore e quello che, nella vostra mente, state cercando di ricostruire. Potete vederlo chiaramente? No. Al momento lo state immaginando. State associando l’idea che avete del fiore legata ad un ricordo, ad una sensazione, un sentimento, un’emozione ma la chiarezza visiva non c’è ancora. Questa è immaginazione.
Ora, nel momento in cui sarete capaci di isolare la visione di un fiore dalle sovraimpressioni ed emozioni personali, gradualmente, sarete in grado di delineare i contorni dell’immagine e anche il colore o i colori del fiore.
Quando il fiore prenderà una forma definita, ci troveremo davanti ad un processo di visualizzazione e quando saremo in grado di dissociarci completamente dall’immagine mentale o dal concetto, quando quell’immagine non sarà influenzata dalle nostre proiezioni personali, si manifesterà in chidakasha con un’intensa consapevolezza. A questo punto inizia darshan, la capacità di vedere la realtà al di là delle imposizioni mentali.
Adesso potete aprire gli occhi.


I tre stati mentali
Dobbiamo sperimentare tre stati mentali: immaginazione, visualizzazione e darshan. In ogni stato, la qualità della mente cambia. Nell’immaginazione, ci sono le associazioni con le idee, gli eventi e i sentimenti. Nella visualizzazione, queste associazioni diminuiscono e rimane solo la consapevolezza. Quando tutte le associazioni cessano e la consapevolezza si intensifica, ecco che sperimentiamo darshan, la manifestazione del fiore dentro noi.
Per raggiungere questo livello, dobbiamo iniziare con le pratiche di base di pratyahara.
Pratyahara è lo sviluppo della consapevolezza, dharana è lo sviluppo dela concentrazione e dhyana è l’esperienza dell’unità, l’armonia interna e l’equilibrio.
Nella consapevolezza, c’è il riconoscimento delle attività interne del corpo, la dimensione dei sensi, il cervello, la mente conscia e subconscia, la presa coscienza delle associazioni che arrivano da tutte le aree della nostra vita. Quando sperimentiamo tutte queste attività, ci possiamo muovere verso il passo successivo, lasciare andare, imparare a rilassarci e non permettere alle reazioni mentali di venire a galla. Se riusciamo ad osservare le reazioni mentali, avrà inizio la terza fase di pratyahara.

Yoga Nidra e Antar Mouna
La prima fase di yoga nidra è pratyahara, l’espansione e la consapevolezza della personalità nel suo totale, non solo del corpo ma anche delle impressioni mentali e,possibilmente, anche dei samskara che sono profondamente impressi nella nostra mente.
Il processo di yoga nidra si divide in tre parti: yoga nidra pratyahara, yoga nidra dharana e yoga nidra dhyana.
Fino ad adesso abbiamo sperimentato le pratiche preliminari dello yoga nidra pratyahara che sono quelle descritte nei libri.
Nello yoga nidra dhyana, nidra, la vritti del sonno è trascesa o sublimata.
Nello yoga nidra dharana è invece sotto il controllo di chi pratica.
Lo yoga nidra pratyahara è il sonno senza sonno, dove sperimentiamo cosa ci sta succedendo, quindi questa pratica diventa una parte importante del pratyahara perché ci permette di lavorare sui diversi livelli della nostra personalità attraverso un ordine sistematico.
Sono sicuro che se praticate sinceramente yoga nidra, potrete far esperienza della profondità del rilassamento, della consapevolezza e dell’armonia mentale. Io non insegno meditazione a nessuno, soprattutto adesso che ci stiamo muovendo verso un nuovo modo di insegnamento attraverso l’università dello yoga.
La meditazione è un soggetto tabù e la preparazione alla meditazione viene fatta esclusivamente attraverso lo yoga nidra. Fino a quando yoga nidra non sarà perfezionato, non sarà possibile perfezionare pratyahara.
Per attivare questo perfezionamento, pratichiamo antar mouna dopo la sessione di yoga nidra.
Antar mouna, letteralmente, significa “silenzio interno”. E’ una tecnica con la quale possiamo osservare l’ attività mentale conscia attraverso l’osservazione del pensiero.
Le due tecniche messe insieme hanno a che fare con la mente superficiale. Lo yoga dice che ci sono due tipi di mente, la manifesta, superficiale, e l’immanifesta, la reale. La prima viene sperimentata in tutta la sua gloria e l’ego è la manifestazione finale. Questo ego è negativo quindi dobbiamo cercare di guardare a tutte le componenti della mente manifesta e dell’ego negativo ogni volta che pratichiamo yoga nidra e antar mouna.