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Panchagni – Il Bagno di Fuoco
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Swami
Satyasangananda Saraswati
Il fuoco è il simbolo
di agni. La qualità del fuoco è quella di espandere se stesso; esso non può
rimanere confinato. Così agni, ubicato nel chakra manipura al centro
dell'ombelico, diffonde la sua intensità in giù verso mooladhara nel plesso
coccigeo, e risveglia l’energia ad alto voltaggio che lì riposa, arrotolata
come un serpente. Tirandola verso l'alto quando ascende con un sibilo, esso
(agni) accompagna poi l'energia fino a raggiungere sahasrara. Ciò significa che
il tapas di agni si estende in un raggio molto ampio.
Non stupisce quindi
che si affermi ancora una volta che l'esperienza spirituale può derivare da
tapas da sola. Generare calore e intensità è tapas. Uno dei modi per farlo è attraverso
la pratica yogica di pranayama. Ce ne sono molti altri. La devozione al Signore
è uno. Essere al servizio del Signore è un altro.
Poichè agni si
diffonde in ogni direzione, esso è presente ovunque. Ciò gli conferisce le
qualità di onniscienza e onnipresenza. Dal momento che è ovunque, esso vede
tutto. Così si stabilisce il suo ruolo di testimone. Esso agisce come veggente.
In tutti i sacrifici il fuoco è la sakshi che testimonia l'evento. I giuramenti
vengono presi davanti al fuoco. In tal senso esso rappresenta la verità in
quanto non può essere contaminato. Esso è simbolo di purezza, una necessità in
tutti i riti di purificazione.
Agni è il legame tra
cielo e terra, sahasrara e prithvi. E’ stato chiamato il fuoco celeste perché,
anche se si diffonde in tutte le direzioni, il suo movimento è sempre verso
l'alto. Esso trasporta verso l'alto tutto ciò che consuma e purifica. Sotto
forma di fumo fragrante esso protende al cielo, portando con sé il sankalpa
riversato in esso come offerta, il quale riceve in tal modo l'attenzione divina
e raggiunge il suo compimento sotto forma di benedizione.
È questo fuoco celeste
che è stato chiarito in forma di dialogo tra un giovane ragazzo, Nachiketas, e
Yama, il Signore della Morte. Impressionato dal fervore spirituale del giovane,
il Signore Yama descrive in dettaglio il fuoco celeste che porta all'altro
mondo e gli strumenti per accenderlo. Questo scambio tra i due è narrato nel
Katha Upanishad.
In omaggio allo
spirito di dedizione per la verità e la conoscenza metafisica dimostrato dal
giovane ragazzo, Yama diede al fuoco il suo nome. Così esso divenne noto come
il triplice fuoco Nachiketas. Le fondamenta di questo fuoco si basano su tre
azioni: tapas (austerità), daan (carità) e dhyana (meditazione).
Austerità è la
resistenza dei cinque fuochi. E’ nota come Panchagni. Si tratta di un rito di
purificazione conosciuto come prayaschitta. In Panchagni si reiste ai primi
cinque fuochi esterni: si accendono quattro fuochi e il quinto fuoco è quello
del sole. Poi si resiste ai cinque fuochi che si scatenano interiormente: kama
(passione), krodha (rabbia), lobha (avidità), moha (attaccamento) e matsara
(gelosia). Questo stadio è conosciuto anche come Pashupati vrata, un sacro voto
assunto per diventare padroni della natura animale. Poi seguono le cinque
meditazioni sul fuoco.
Panchagni è praticato
durante Uttarayana, quando il sole si trova nell’emisfero settentrionale, da
Makar Sankranti (metà gennaio) a Karka Sankranti (metà luglio). Ci sono due
sentieri per la liberazione, conosciuti come settentrionale e meridionale.
Panchagni è praticato durante il percorso settentrionale di luce e luminosità.
E’ il sentiero da seguire per la liberazione dell’anima. Dopodiché, l’anima può
assumere qualunque forma essa scelga. Così, attraverso questa austerità si può
ottenere l’immortalità. Il sentiero meridionale costringe l’anima nella morsa
del destino. Esso segue il ciclo di nascita e morte.
I meriti guadagnati da
questa austerità vengono poi elargiti agli altri in forma di grazia e
benedizioni. Questa è la più alta forma di carità. La carità porta alla
meditazione spontanea e ininterrotta. In questo stato colui che medita e
l’oggetto della meditazione si fondono uno nell’altro.
La padronanza degli
elementi nella loro forma sia fisica sia metafisica è uno dei requisiti per
questa pratica. Sono richieste anche devozione pura e inflessibile. E 'ovvio
che sono anche necessarie capacità di resistenza e una buona dose di energia.
Il voto di panchagni può essere intrapreso per dodici anni, nove anni, tre anni
o un anno.
Nel 1990, subito dopo
il suo arrivo a Rikhiadham, Swami Satyananda intraprese il voto di Panchagni
per nove anni. Nel primo anno sopportò un fuoco per sei mesi e tutti e cinque i
fuochi durante Purnima e Amavasya. Nel secondo anno accese due fuochi tutti i
giorni e cinque per Purnima e Amavasya. In questo modo ogni anno si aggiungeva
un fuoco e, dopo che il quinto anno terminò, egli resistette cinque fuochi ogni
giorno per un anno. Questo fu la resistenza dei cinque fuochi esterni.
Dopo sei anni il fuoco fu trasferito ad
un altare speciale dove fu ricoperto di cenere ma mantenuto vivo e ardente.
Questo fuoco che ardeva sotto la cenere e rappresentava i cinque fuochi
interiori, fu custodito per due anni. Ciò fu seguito dal rito del fuoco col
mantra per l’ultimo anno, dopodiché fu fatta l’offerta finale o purnahuti. Il
suo voto di Panchagni culminò nel 1998. Il Panchagni acceso da Sri Swamiji arde
ancora nel Paramahamsa Alakh Bara ed è venerato quotidianamente all’alba e al
tramonto con erbe aromatiche.