giovedì 26 novembre 2015

Osservare la reazione

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Karma Yoga nella vita quotidiana
Swami Saraswati Niranjanananda
Barcelona, Spain, May 18, 2001

Yoga Magazine September 2002



La seconda componente del karma yoga è mentale, e si tratta di osservare le vostre reazioni e il vostro comportamento interiore. Qualcuno vi dirà: "Sei una persona molto bella, meravigliosa", altri: "Tu sei senza speranza." Queste frasi influenzeranno la vostra sensibilità e creeranno una reazione e tali reazioni condizioneranno le vostre idee e convinzioni, il vostro stato emotivo: vi sentirete euforici o depressi, il vostro umore cambierà. Una sola frase ha la forza di alterare il vostro stato d'animo.                                         Il primo componente del karma yoga è essere consapevoli, il secondo è osservare la vostra reazione.
Patanjali afferma nel terzo sutra, "allora colui che vede è stabilito nella sua natura essenziale”. Chi è “colui che vede”, il testimone o osservatore, e qual è il suo ruolo? La prima fase che il testimone deve sperimentare è come il soggetto, l’io  sta rispondendo e reagendo alle persone, a situazioni e circostanze. Questo è anche uno degli scopi della meditazione. Attraverso l'esperienza della meditazione, infatti, è possibile osservare i cambiamenti nell’umore, nella coscienza e nella mente. Quando siamo consapevoli delle manifestazioni della mente allora siamo in grado di orientare e guidare le nostre espressioni mentali. Anche la meditazione diverrà un processo di realizzazione del karma mentale, psicologico, emotivo.

Sviluppare l’immunità

La terza componente è sviluppare l'immunità dalle cose che vi riguardano. Come fare? Venendo fuori dalle percezioni dell’ego, dallo stato in cui non esistono altre persone o cose e solo voi siete il centro della vostra vita. Quando si è in grado di andare oltre l'IO, oltre l’egocentrismo, allora si inizierà a sviluppare l'immunità da situazioni, eventi e idee.

Gestire le emozioni

Il quarto componente del karma yoga è prendere coscienza dei blocchi emotivi. Se le emozioni sono come un percorso inclinato e scivoloso, l'intelletto, invece, è un percorso rettilineo, lineare. Attraverso la logica si può andare dal punto A al punto B, al punto C, al punto D, in un percorso continuo. La logica o intelletto è un percorso orizzontale rettilineo, mentre le emozioni sono un percorso in pendenza. È difficile sviluppare una identità emotiva positiva e felice mentre è molto facile cadere o scivolare in emozioni negative. Non ci hanno insegnato come odiare o come essere arrabbiati, gelosi o aggressivi. È venuto naturalmente. Ma quando cerchiamo di insegnare ad amare, ad essere compassionevoli e positivi, ciò non avviene naturalmente. In tal senso, le emozioni sono una via inclinata; scivoliamo giù la maggior parte del tempo e la risalita è una grande lotta ed un lungo viaggio. 
Divenire consapevoli di come si è in grado di gestire le emozioni è il quarto componente. Quando riuscirete a mantenere la vostra serenità nel successo e nel fallimento, allora la vostra personalità sarà equilibrata. E’ necessario avere fiducia, fede e credere in sé stessi ma, allo stesso tempo, è necessario credere o avere fiducia nel Sé superiore che guida la vostra vita.
Il miglior esempio è l'agricoltore. Il contadino pianta i semi e si occupa della crescita delle piante, nella speranza che un giorno ciò che ha piantato darà buoni risultati, e non c'è altro che possa fare. E’ nelle mani del clima e della grazia divina. La pioggia dovrà cadere al momento giusto, il sole dovrà risplendere al momento giusto. C’è un limite allo sforzo umano, ma poi c'è l'emergere della grazia divina. Secondo questa prospettiva ci deve essere un giusto equilibrio tra la fiducia in sé stessi e la fiducia nel volere divino. Ciò è conosciuto come karma yoga delle emozioni.
Lasciare andare le ossessioni
Il quinto componente del karma yoga è lasciare andare i propri complessi, le ossessioni che creiamo dentro di noi. Questo è noto come resa. Ma non pensate alla resa come sconfitta, ma come superamento delle proprie ossessioni per diventare liberi. Nel momento in cui si è in grado di lasciar andare le proprie ossessioni si diventa creativi. Le nostre ossessioni non consentono, infatti, alla nostra natura creativa di venir fuori. Creatività non significa solo espressione artistica ma, soprattutto, mente ed emozioni in piena fioritura! La creatività è raggiunta proprio quando siamo in grado di lasciare andare le nostre ossessioni e complessi. La fase successiva diventa allora l'azione disinteressata, che è spontanea e naturale. Si supera l’ego, non c'è desiderio né attaccamento. Tuttavia, la natura egocentrica è solitamente quella predominante e diventare disinteressati è una delle cose più difficili della vita.
Un giorno Dio decise di dare una benedizione ad un santo che aveva fatto molta penitenza. Ma il santo, dal momento che aveva visto Dio, non desiderava altro dalla vita e rifiutò di accettare qualunque cosa. Così Dio gli diede il dono della pace, della prosperità e della salute. Il santo non venne a conoscenza di questa cosa ma ovunque si recasse, si diffondeva la pace, la prosperità e la salute. Questo è un tipico atto disinteressato.
Servizio disinteressato, l'atto disinteressato, è il culmine finale di karma yoga. Se si rapporta il karma yoga con gli altri yoga, si capirà la sua rilevanza. Hatha yoga senza karma yoga non ha alcun significato. Non stiamo parlando di karma ma di karma yoga. Quando la parola yoga viene aggiunta al karma, significa armonia in tutti i movimenti della vita, armonia di tutte le espressioni del corpo e della mente, armonia delle emozioni.                                                                                                                                               Questo è il concetto di karma yoga: interiorizzare la consapevolezza, realizzare la consapevolezza e liberarsi da ossessioni e negatività.
Naturalmente dobbiamo iniziare con qualcosa di tangibile e riconoscibile, e questo è il nostro corpo che ci portiamo dal momento della nostra nascita al momento della nostra morte. Così, hatha yoga e raja yoga, associato al karma yoga conducono ad una più profonda consapevolezza; bhakti yoga e karma yoga significa equilibrare le emozioni; jnana yoga e karma yoga una più profonda conoscenza, osservazione, intuizione, saggezza. Anche kriya yoga e kundalini yoga devono essere affiancati dal karma yoga. L'esperienza che si ha con il risveglio di forze sottili, di energie sottili, di centri psichici, deve essere armonizzata proprio allontanando ogni tendenze negativa per far spazio al sottile.
Come possiamo iniziare a comprendere e ad incorporare il karma yoga nella nostra vita? Cambiando i nostri atteggiamenti e le percezioni attraverso la pratica dello Yoga.


Barcellona, ​​Spagna, 18 maggio 2001




venerdì 13 novembre 2015

Karma Yoga nella vita quotidiana

Swami Saraswati Niranjanananda
Barcelona, Spain, May 18, 2001

Yoga Magazine September 2002



Lo yoga è sempre stato visto come una serie di pratiche da svolgere lontano dal contesto della normale vita sociale, in una classe o in un rifugio in compagnia di "esseri spirituali". Pensiamo che praticando questa o quella tecnica yoga potremo raggiungere questo o quel risultato. In questo modo, però, abbiamo solo collocato lo yoga in un processo di sviluppo della propria consapevolezza ma di tipo meccanico. Dobbiamo abbandonare questa idea e rendere lo yoga parte della nostra espressione naturale. Solo allora yoga diverrà un processo verso la realizzazione di sé.
Se pratichiamo yoga per sentirci bene, sicuramente staremo bene, ma per un po’. Se pratichiamo yoga per rilassarci, sicuramente ci rilasseremo. Se pratichiamo yoga per connetterci con noi stessi anche questo sarà possibile. Qualunque sia lo scopo, esso, però, sarà momentaneo e lo stato raggiunto transitorio, e quando ci si dovrà confrontare di nuovo con la realtà, le tensioni e le frustrazioni della vita quotidiana, allora gli effetti dello yoga diverranno secondari. Di conseguenza, occorre comprendere che la reale esperienza dello yoga avviene attraverso il karma yoga. Anche se si pratica hatha yoga, raja yoga, kundalini o kriya yoga occorrerà affiancarlo al karma yoga per sperimentare realmente il percorso yogico.
Alcune persone credono che karma yoga non abbia gran rilevanza nella loro vita, è solo duro lavoro. Altri pensano che il karma yoga sia rendere servizio al Guru, a Dio o all'umanità oppure sia servizio disinteressato o azione disinteressata. Nessuna di queste definizioni rappresenta il vero spirito del karma yoga, perché karma è una parte integrante della nostra personalità e della nostra vita. Si è tradotto karma come azione, o come causa-effetto, ma nessuna di queste definizioni è vera. Tutta la vita è karma e se si evita il karma allora, semplicemente, voi non esistete.

Espressione della natura del karma

La natura esprime il proprio  karma attraverso gli elementi. Il calore del fuoco è il karma del fuoco. L’espansione dello spazio è il karma dello spazio. Il movimento del vento è il karma dell'aria. La natura liquida dell’acqua è il karma dell’acqua. La solidità della terra è il karma del terreno. Desideri, aspettative e pensieri sono karma della mente. Le espressioni dei sensi costituiscono il karma del corpo. In realtà, noi siamo un karma omogeneo. Il mondo intero e tutta la creazione è un karma omogeneo.

Occorre comprendere che il karma non è solo causa ed effetto, non è solo azione ma un sottile movimento che coinvolge tutte le dimensioni della creazione. Karma è il movimento che accade nel corpo attraverso i sensi e nella mente attraverso le esperienze mentali. Quando si praticano le asana, si sta modificando il karma del corpo e quando si pratica pranayama si sta alterando il karma dell’energia vitale e mentale. Quando poi si pratica la meditazione, si sta modificando il karma della mente sottile e dello spirito. Questo è il modo di gestire il karma che ci influenza in maniera sia positiva, sia negativa. Karma è la consapevolezza del movimento della vita. Non è duro lavoro, non è servizio, non è causa ed effetto, è comprendere il modo in cui interagiamo con noi stessi e con il nostro ambiente.
Nel terzo capitolo della Bhagavad Gita, Krishna afferma che l’oggetto del karma yoga non è mai stato compreso. Ha detto questo 5000 anni fa e oggi è ancora così poiché l’essenza del karma yoga coinvolge la comprensione della natura umana e prevede lo sviluppo della consapevolezza della personalità nella sua interezza. Si tratta del processo di osservare il nostro percorso nella vita, dal livello materiale al sottile e poi a quello spirituale.

Diventare consapevoli

Ci sono cinque componenti del karma yoga. Il primo è la consapevolezza. Il divenire consapevoli inizia con il corpo quando si praticano le asana. La consapevolezza diventa parte della pratica delle asana e del movimento fisico. Se dovete muovere un dito, sarete consapevoli del movimento del dito, ma anche di quello dei muscoli e di quello delle articolazioni, tutti interconnessi: la consapevolezza del dito è quindi anche ossa, muscoli e nervi. I muscoli e le ossa si muovono in modo diverso, i nervi e i legamenti funzionano in modo diverso e la consapevolezza diventa più acuta, più sottile. Ciò che avete osservato inizialmente è dunque una esperienza, ma, successivamente, l’osservazione si è espansa verso altre componenti e forme. L'obiettivo delle asana è quello di renderci consapevoli del nostro corpo e di come si esprime in situazioni normali. La consapevolezza nella pratica delle asana significherà poi comodità e stabilità.

Negli Yoga Sutra, Patanjali definisce le asana come una postura in cui voi siete confortevoli e stabili. Siete stati seduti qui negli ultimi venti minuti, siete stabili e comodi? Alcuni di voi si, lo sono, altri non lo sono, e altri ancora che sono ora comodi non lo saranno più tra una decina di minuti. Al momento non siamo collegati con il corpo: siamo seduti ma non ne siamo consapevoli. Allo stesso modo, quando camminiamo non siamo consapevoli di camminare e quando muoviamo il nostro corpo non siamo davvero consapevoli del movimento del corpo. Lo scopo delle asana è proprio condurci ad uno stato di comodità e stabilità che realizzeremo solo dopo essere divenuti consapevoli.

(continua...)


domenica 1 novembre 2015

Satyananda Yoga

 di Swami Niranjanananda Saraswati



Nel 1956, Swami Sivananda chiamò Swami Satyananda e gli disse: “Rishikesh è troppo piccola per te. Devi andare in giro per il mondo e portare il messaggio dello yoga porta a porta, costa a costa”. Swami Satyananda gli rispose: “Mi stai dando questo ordine ma io non ho così tante radici nello yoga”. “Ti insegno io” disse Sivananda e in quindici minuti gli diede  lo shaktipat della tradizione e cultura dello yoga.  Soltanto un guru capace può trasmettere la conoscenza attraverso lo shaktipat ad un discepolo pronto. Soltanto il filo capace di trasportare la corrente elettrica più alta senza bruciare o fondersi può essere il recipiente dell’alto voltaggio.

Un rishi moderno

Armato di grazia e shaktipat, Swami Satyananda iniziò a diffondere lo yoga. I suoi contributi nel campo dello yoga sono fondamentali; ha sistematizzato il pranayama in pratiche vitalizzanti, tranquillanti ed equilibranti. Prima di allora, il pranayama era un tabù. La gente conosceva solo nadi shodana che nella tradizione era conosciuto come anuloma viloma, inalazione ed esalazione. Egli creò un sistema per la pratica delle asana, dove si inizia con pawanmuktasana e non con la posizione sulla testa – sirsasana- in modo da preparare il corpo a far scorrere meglio i flussi energetici; classificò le tecniche di pratyahara e sviluppò la tecnica di yoga nidra, antar mouna e ajapa japa. Swami Satyananda ha ridefinito lo yoga che conosciamo oggi e la storia lo considera un rishi moderno al pari di Patanjali che una volta scrisse una tesi sul raja yoga e anche al pari di Swatmarama che scrisse un solo libro di hatha yoga. Satyananda ebbe successo quando presentò l’intero sistema e l’intera tradizione dello yoga in un modo pratico, comprensibile, moderno e scientifico.
Alla Bihar School of Yoga e al Bihar School Bharati, facciamo esperienza di questo yoga. Io ho portato avanti il discorso con il supporto e l’aiuto di tutti. Ganga Darshan rappresenta l’impegno e la dedizione che Swami Satyananda ha promesso al suo guru. Satyananda non voleva un ashram o un’istituzione e non voleva neanche diventare un maestro o un guru, non voleva gestire le eccentricità e gli alti e bassi della gente che arrivava con problemi e difficoltà ma quando Sivananda gli impartì quell’ordine, mise da parte le sue aspirazioni personali e disse: “ Questo è l’ordine e il mandato del mio guru e io lo porterò avanti”. Ganga Darshan rappresenta la devozione nei confronti del mandato di Swami Sivananda e non il desiderio personale di Satyananda che lavorò al fine di creare un movimento globale di yoga.
L’aspirazione di Satyananda era quella di essere e vivere come un sannyassin e ottenere quello che ogni sannyasin cerca di avere, la consapevolezza spirituale più elevata.

Un sannyasin moderno

Per Satyananda, il sannyasa non era un passo per diventare un profeta spirituale con occhi sul profitto. Per lui, il sannyasa era il sadhana per stabilire un legame con la consapevolezza più alta. Nella nostra vita siamo soliti giocare con le nostre aspirazioni ma non fu così per lui che invece rimase fedele alle proprie aspirazioni.
Quando si rese conto che aveva onorato il mandato del suo guru e che era libero di vivere come un sannyasin, lasciò Ganga Darshan per vivere in solitudine ed isolamento a Rikhia dove un’altra serie di mandati lo condusse a sviluppare Rikhiapeeth.
Ganga Darshan rappresenta il suo obbligo nei confronti di Swami Sivananda. Io mi connetto allo yoga come viene insegnato qua e con lo stesso spirito, la stessa energia, la stessa devozione e attenzione di Swami Satyananda che mise da parte aspirazioni e desideri. Focalizzarsi solo sul mandato del proprio guru non è cosa da tutti. Anche i sannyasin fanno le loro scelte ed esprimono i propri desideri, non si sono ancora arresi e rimangono attaccati ai propri concetti e alle proprie idee.
Il mio modello di sannyasin è Swami Satyananda che fu fedele unicamente al volere del suo guru. Lui ci ha fornito un’inspirazione ma pochi si sono connessi con questo, io mi metterò in connessione con ciò che mi è stato richiesto e così vivrò.
La mia relazione con lui inizia nel 1958 prima della mia nascita quando era già chiaro che io sarei diventato il suo successore. Allora, Satyananda era senza istituzione e discepoli e nonostante anche io avessi le mie opportunità di vita e ruoli da ricoprire nella vita, dentro di me sapevo che un giorno avrei dovuto camminare da solo.
Nessuno è qualificato o capace di fare esperienza della vita spirituale a meno che non ci sia disciplina, comprensione, consapevolezza, sanyam, contenimento dei sensi, della mente, di parola e comportamento. Senza sanyam non ci può essere consapevolezza o comprensione delle dimensioni spirituali più profonde. Punti di forza per un sannyasin non sono conoscenza, volontà o acutezza intellettuale ma solo il contenimento e la disciplina che coltiva.
La gente è stata iniziata all’ordine dei sannyasin ma non alla tradizione sannyasa. Sannyasa Peeth rappresenta la continuazione della visione e della missione di Swami Satyananda dove uno può imparare a diventare il maestro di se stesso e non vivere la vita flirtando con l’idea del sannyasin. Ecco il prossimo passo.

Il lavoro avrà luogo a Munger. Ganga Darshan rappresenta l’occhio mentre il simbolo dello yoga è ajna chakra. Chandi, la divinità di Munger, è rappresentata dai suoi occhi e ajna chakra è il terzo occhio. Lo yoga aiuta ad acquisire una visione equilibrata e bilanciata fra le esperienze esterne ed interne, fra percezioni e dimensioni. La divinità o shakti di Deoghar è rappresentata dal cuore e il simbolo di Sivananda Math è anahata chakra, il cuore. L’apertura della mente avviene a Ganga Darshan mentre quella del cuore a Rikhia. Il terzo luogo, Sannyasa Peeth, rappresenta le mani qualificate di coloro in grado di assumersi ogni responsabilità e rischio attraverso la fede e la comprensione spirituale e il potere di creare qualcosa di meglio con ciò che è disponibile. Questo significa avere mani costruttive.

Testa, cuore e mani sono i tre aspetti del Satyananda Yoga o della tradizione Satyananda.