domenica 7 giugno 2015

Diventare il testimone

di Swami Saraswati Niranjanananda, Ganga Darshan, December 31, 2001, tratto da Yoga magazine marzo 2003

La mente può essere aiutata attraverso di un processo di educazione equilibrata. Attualmente, lo sviluppo della mente è unilaterale. La nostra mente è stata educata a vedere verso l'esterno e quando la mente vede fuori, non ha alcun fondamento all'interno, nessun collegamento con la sua fonte originaria, e può diventare disturbata. Ma se siamo in grado di fornire un collegamento con il sé interiore, allora sarà quella mente a guidare la persona e a garantire che non sia influenzato dalla negatività che può giungere dal mondo. C'è un detto in India, secondo cui gli individui che hanno realizzato il sé vivono come il loto nell’ acqua: il loto cresce in acqua, ma ha una protezione naturale contro l’acqua e rimane completamente impermeabile ad essa.
Quando la mente è connessa col solo mondo esterno origina diverse vritti. Le vritti sono le fluttuazioni o onde della mente. Se vi è una leggera brezza che soffia sulla superficie del mare noi vediamo solo piccole increspature sulla superficie. Ma se arriva una tempesta, quelle increspature possono diventare onde giganti dalla forza distruttiva. Le vritti sono quelle onde giganti che si manifestano sulla superficie della mente quando c'è uno stato di agitazione causato dal mondo esterno.
Dopo tutto, che cosa è la rabbia? È una vritti mentale. Quando siamo arrabbiati, qualcosa ha agitato la nostra mente e ci ha fatto arrabbiare. Quando abbiamo paura, qualcosa ha agitato la mente e ci ha fatto spaventare. Quando siamo depressi, qualcosa ha smosso e sconvolto la mente portandoci alla depressione. Queste sono le tante vritti con cui abbiamo a che fare nel corso del nostro viaggio yogico.
Lo scopo dello yoga è quello di garantire che lo stato naturale della mente sia stabile, tranquillo, in modo che saranno create solo piccole increspature quando abbiamo a che fare con il mondo. Lo Yoga ci dice che sviluppando la consapevolezza si possono trovare soluzioni a molti dei problemi della vita. E’ possibile restare consapevoli quando siamo agitati, sofferenti o confusi? E' possibile mantenere la consapevolezza di ciò che ci sta accadendo quando siamo in confusione, in sofferenza, in conflitto? In questo momento, no. Ma si deve mirare a sviluppare questa consapevolezza proprio in tali situazioni, e quando la si sviluppa realizzerete il drashta, diverrete l'osservatore di tutto ciò che accade dentro di voi. E’ il drashta o testimone che diventa il controllore, la guida delle vostre azioni, atteggiamenti, comportamenti, e col suo tramite troverete l’equilibrio nella vostra vita. Colui che è in grado di trovare il proprio equilibrio è uno yogi.
 Uno yogi non è una persona che pratica yoga, uno yogi è una persona che è stata in grado di trovare l'equilibrio interiore. E ciò avviene per mezzo della consapevolezza quando diverrete drashta che è proprio la realizzazione finale della consapevolezza che avete sviluppato.


L'individuo e l'universo


Dal punto di vista yogico, ci sono tre elementi che vanno gestiti: i sensi a livello fisico, materiale; la mente a livello mentale, sottile; l'ego, ahamkara, a livello causale.
Ahamkara o identità personale è la causa della nostra individualità. Non c'è veramente bisogno di diventare “Borg”, il personaggio mezzo umano mezzo macchina di “Star Trek”, il cui unico lavoro era quello di assimilare diverse civiltà e diverse culture. I “Borgs” vivono nella coscienza collettiva e la loro frase preferita è: “La resistenza è futile, tu verrai assorbito”. Ma anche Dio è un individuo, nel senso che Dio si può manifestare in ogni situazione estrema e in ogni condizione. Si può vedere l'esistenza di Dio in un granello di sabbia, nell'universo sia manifesto che immanifesto. Se una mosca vi morde il mignolo, chi sente dolore? Di sicuro il mignolo sarà pruriginoso e rossastro, ma il centro del dolore è da un'altra parte. Il nostro corpo è un microcosmo e rappresenta la teoria del campo unificato. Tutti gli organi lavorano insieme e sono coordinati. Quello che succede al mignolo influenza tutto il corpo, il cervello, la mente e chissà a quali livelli molto più profondi  influenza lo spirito. Non lo sappiamo ma siamo certi che, in condizioni normali, ogni cambiamento di una parte del corpo influenza tutto il corpo in generale. Allo stesso modo, ogni cambiamento nella nostra vita produrrà influenze nel sistema generale di cui noi facciamo parte. Quando siamo contenti, l'energia che emaniamo renderà gli altri felici ma se siamo tristi avverrà lo stesso, gli altri saranno tristi. Quindi bisogna far esperienze di gioia, di creatività, di divinità. E' l'energia che coltiviamo, che risvegliamo e che generiamo che può portarci più vicino alla nostra natura spirituale e addirittura può far sì di farcela trascendere. Quando ci connettiamo ad altri esseri ad un livello spirituale, sperimenteremo anche la natura spirituale insita in noi, la nostra natura trascendentale. L'esperienza spirituale è un'esperienza personale. Quando quell'esperienza personale diventa globale, universale, viene conosciuta come trascendentale perché avete trasceso il corpo e la mente, le aree dove tale esperienza si verifica.

Da ego a ananda

Ego è l'ultima barriera della dimensione spirituale. Nel primo capitolo degli Yoga Sutra, Patanjali classifica le fasi del samadhi. L'ultimo stadio che argomenta è Asmita Samadhi, il samadhi dell'ego, oltre nirbija. Asmita significa identificarsi con ego o ahamkara. Dopo Asmita Samadhi, cessazione dell’ego, vi è Ananda Samadhi, o il samadhi del beato.
Nonostante spesso si pensi che lo yoga o le tradizioni spirituali annullino la propria individualità, abbiamo bisogno di capire che il concetto di individualità è trattata nello yoga in forma di ahamkara, ovvero un distorto senso del sé. Tuttavia, il senso del sé diventa predominante nel percorso yogico perché si diviene coscienti di sé stessi ad ogni passo di questo percorso. State cercando di costruire una nuova immagine di voi stessi, una nuova identità, e in questo modo state lavorando proprio a livello di ego. Diventando drashta, l'osservatore, il testimone, voi lavorate sul vostro senso dell’io affinandolo.
Se iniziate a scolpire una statua di pietra, quale identità sta perdendo la pietra? Nessuna. Piuttosto se ne sta sviluppando una nuova che sarà vista ed apprezzata da molte persone. Il superfluo viene rimosso e ciò che è resta è il necessario per trasformare la pietra in una statua.
Allo stesso modo, nella vita spirituale non c'è perdita della propria identità, sono le percezioni distorte ad essere corrette, le manifestazioni dell’ego aggressivo ad essere ridefinite, così che il nuovo sé quieto, saggio, creativo, diventi la nuova identità. Mantenendo l'idea che il senso dell’identità è in continua trasformazione, si modifica costantemente, allora sarà possibile superare asmita o ahamkara. Tuttavia, se porrete voi stessi in una nuova identità, essa tornerà ad essere distorta.
Per questo motivo, i maestri spirituali hanno sostenuto quanto sia necessario essere disposti ad accettare i cambiamenti. Non perché vogliano che si perda la propria identità personale, ma perché sperano di condurre il praticante oltre gli effetti di un’identità distorta. Non fissate voi stessi in un unico concetto, ma imparate ad accettare e a permettere che il cambiamento avvenga. L'obiettivo è quello di superare  asmita, l'ego, e stabilirsi in uno stato di beatitudine, perché è a quel livello di beatitudine, ananda, che le esperienze spirituali si trasformano in esperienze trascendentali.
Il percorso dello yoga si muove dalla gestione della personalità umana all'esperienza di ananda - dal “anushasan” a “swarupa avasthanam”.



Ganga Darshan, 31 dicembre 2001


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