Nella “Bhagavad Gita” si dice:
“Yoginahah
karma kurvanti sangam tyaktwa dhananjaya”
“Le
persone che sono consapevoli, gli yogi, fanno il Karma yoga senza attaccamento,
con lo scopo di purificarsi internamente”
Nello stesso capitolo, si dice che il karma yoga è
praticato attraverso la mente, manas, l’intelletto, buddhi, e la parola, vach.
Se tutto ciò è vero, il Karma yoga diventa uno strumento per la purificazione
dell’atman. “Atman” in questo caso, non significa “l’anima” ma l’identità di un
individuo, il “Io sono”.
Qui, possiamo vedere la differenza fra le pratiche di
Karma yoga utilizzate dalle persone internamente consapevoli, gli yogi, e da
quelle che cercano il piacere sensoriale, i bhogi. Per i primi, c’è
consapevolezza di mente, intelletto e interazione e il Karma yoga diventa una
pratica meditativa. I secondi, prendono letteralmente la definizione del Karma
yoga come “azione” e lo trasformano in un modo per esaudire le loro necessità,
desideri e di conseguenza per accrescere il loro ego; sviluppano un senso di
grande sicurezza, di “Io possiedo questo e quello”, un senso di opulenza ed
egoismo.
Tutti,
nel mondo, sono fondamentalmente egoisti, anche gli yogi e i
capofamiglia. Nessuno al mondo è libero da questa idea, da questa identità. La
differenza sta nella consapevolezza. Da una parte, ci si butta nel mondo
semplicemente per ottenere soddisfazioni personali e piacere. Dall’altra,
attraverso lo stesso tipo di azioni, conducendo lo stesso tipo di vita, lavoro,
condizione familiare, si cerca un equilibrio con se stessi. Se volete quindi
sapere la differenza fra il karma yoga degli yogi e dei capifamiglia, è solo
una questione di consapevolezza.
Sangam tyaktwa atman shuddhiye: rinunciando
all’attaccamento (sangyam tyaktwa), per la purificazione dell’atman (atma
Shuddhi), lo yogi esegue le proprie azioni (yoginah karma kurvanti).
Le azioni si svolgono attraverso manas, vacha e buddhi,
mente, parola e intelletto.
creativamente, ci permette di raggiungere lo stato di
viveka, la giusta percezione o la giusta comprensione, ma quando la buddhi
viene stimolata a fluire libera nel mondo esterno, nella dimensione della
materia, ci ritroviamo circondati da aviveka, i concetti sbagliati.
L’idea
di concetto giusto o sbagliato, viveka e aviveka, non ha
nulla a che fare con il fatto che pensiamo bene o male. No! Il concetto di
viveka è basato sul capire le leggi della Natura che governano l’universo (il
macrocosmo là fuori) e noi stessi (il microcosmo interno). E’ vivere in accordo
con le leggi che internamente governano il corpo, le emozioni, la mente, lo
spirito e che esternamente governano il mondo, l’universo. E’ così che
raffinando le nostre abilità e le nostre percezioni e comprendendo le leggi
della Natura, potremo praticare il Karma yoga attraverso l’intelletto.
Inoltre, esiste l’abilità di associare e disassociare,
l’abilità di sentire intimamente in maniera soggettiva e di osservare
esternamente con più oggettività, l’abilità di creare un desiderio e quella di
rimuoverlo. Nel sistema tradizionale indiano si menzionano quattro stadi di
vita che un individuo deve attraversare prima della morte: artha, dharma, kaama
e moksha.
Artha significa affluenza sociale e individuale,
soddisfazione personale, benessere economico e nei rapporti interpersonali. E’
nel processo di vita che non riguarda la tradizione dei sannyasin – nascere,
andare a scuola, sposarsi, fare figli, divorziare, invecchiare, guadagnare
soldi, risparmiare, ritirarsi in una casa per anziani e trovare un posto eterno
con la tomba.
Il genere di vita generalmente accettata dalla società è
una vita dove “artha” è molto presente mentre “dharma” gioca un ruolo minore.
Dharma
significa obbligo, dovere, è la religione interiore che unisce questo e
quello, il legame fra questa e quella identità.
Kaama, il piacere dei sensi, ha un ruolo importante nella
vita sociale.
Moksha non ha invece alcun ruolo in quanto non c’è voglia
di essere liberati, c’è troppo attaccamento, troppa materia bloccata nella
nostra mente.
Per la persona “sociale” artha e kaama sono importanti.
Nella vita di un rinunciatario, dharma, la conoscenza di questo legame, e
moksha il concetto di liberazione, sono fondamentali. Se abbiamo le capacità di
unire questi quattro fattori, di combinare artha con dharma, dharma con kaama e
kaama con moksha, la mente può trascendere in quanto utilizzeremo la dualità
della mente per creare un terzo stato mentale armonioso.
Esiste una teoria che ho elaborato personalmente, la teoria SWAN.
“S” sta per forza (strenght), determinazione, volontà,
stamina ed energia.
“W” sta per debolezza (weakness), insicurezza,
inferiorità, complessi e non consapevolezza del nostro potenziale.
Tutti hanno una S ma anche una W e allo stesso tempo hanno
anche una A e una N.
“A” è l’ambizione (ambiton) e “N” la necessità (need).
Questo principio, SWAN, è controllato dalla mente. Se
penserete di essere deboli, sarete deboli. Se penserete di essere potenti,
sarete potenti. Attraverso un processo di autoipnosi possiamo diventare quello
che non siamo sia in meglio che in peggio. Se ci sentiamo depressi, abbiamo la
possibilità di uscire da questo stato in quanto la mente ne è coinvolta così
come viene coinvolta da uno stato di eccitazione.
Dal momento che ogni esperienza, ogni ambizione e ogni
necessità della vita sono governate dalla mente, il miglior modo per dirigere
questa particolare facoltà mentale è quello di dare alla facoltà stessa
l’abilità di associare e disassociare al momento giusto, in base alla
situazione, all’opportunità e all’ambiente. Questo viene chiamato Karma yoga
per la mente.
Con l’equilibrio si sviluppa anche un modo di parlare
positivo e l’interazione. Se siamo in grado di controllare le negatività che
abbiamo dentro e che ogni tanto proviamo, e se siamo in grado di sviluppare le
nostre qualità positive, procureremo attraverso le vibrazioni e la
comunicazione fisica, un impatto tonificante e invigorente nell’altro
individuo.
Pensate a quando qualcuno di vostra conoscenza emana
negatività e pensate alla reazione che talvolta innesca, amicizie di lunga data
si possono rompere a causa di questo momento, si possono sciogliere addirittura
le famiglie. Succede anche fra guru e discepoli.
Pensate anche a quando, nel caso contrario, noi stessi
emaniamo energia positiva, equilibrata, e i nostri nemici si trasformano in
amici.
L’equilibrio fra questo tipo di energia e la vostra
energia personale è il terzo aspetto del Karma yoga.
Una volta che sarete in grado di fare i conti con la
mente, l’interazione e l’intelletto, avrà luogo la purificazione interna, il
processo di auto purificazione, atma shuddhi.
Questo vale per tutti, l’obiettivo è raggiungere questo
equilibrio attraverso il Karma yoga.
Molti dicono che il Bhakti yoga in se stesso non è
sufficiente per raggiungere moksha così come non lo sono Jnana yoga e l’Hatha
yoga ma se combinati con il Karma yoga, faremo esperienza dello yoga totale.