sabato 21 gennaio 2017

Panchagni – Il Bagno di Fuoco ***Seconda Parte***

da http://www.yogamag.net/archives/2002/esep02/panch.shtml
 
Panchagni – Il Bagno di Fuoco
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Swami Satyasangananda Saraswati

Il fuoco è il simbolo di agni. La qualità del fuoco è quella di espandere se stesso; esso non può rimanere confinato. Così agni, ubicato nel chakra manipura al centro dell'ombelico, diffonde la sua intensità in giù verso mooladhara nel plesso coccigeo, e risveglia l’energia ad alto voltaggio che lì riposa, arrotolata come un serpente. Tirandola verso l'alto quando ascende con un sibilo, esso (agni) accompagna poi l'energia fino a raggiungere sahasrara. Ciò significa che il tapas di agni si estende in un raggio molto ampio.
 
Non stupisce quindi che si affermi ancora una volta che l'esperienza spirituale può derivare da tapas da sola. Generare calore e intensità è tapas. Uno dei modi per farlo è attraverso la pratica yogica di pranayama. Ce ne sono molti altri. La devozione al Signore è uno. Essere al servizio del Signore è un altro.

Poichè agni si diffonde in ogni direzione, esso è presente ovunque. Ciò gli conferisce le qualità di onniscienza e onnipresenza. Dal momento che è ovunque, esso vede tutto. Così si stabilisce il suo ruolo di testimone. Esso agisce come veggente. In tutti i sacrifici il fuoco è la sakshi che testimonia l'evento. I giuramenti vengono presi davanti al fuoco. In tal senso esso rappresenta la verità in quanto non può essere contaminato. Esso è simbolo di purezza, una necessità in tutti i riti di purificazione.

Agni è il legame tra cielo e terra, sahasrara e prithvi. E’ stato chiamato il fuoco celeste perché, anche se si diffonde in tutte le direzioni, il suo movimento è sempre verso l'alto. Esso trasporta verso l'alto tutto ciò che consuma e purifica. Sotto forma di fumo fragrante esso protende al cielo, portando con sé il sankalpa riversato in esso come offerta, il quale riceve in tal modo l'attenzione divina e raggiunge il suo compimento sotto forma di benedizione.

È questo fuoco celeste che è stato chiarito in forma di dialogo tra un giovane ragazzo, Nachiketas, e Yama, il Signore della Morte. Impressionato dal fervore spirituale del giovane, il Signore Yama descrive in dettaglio il fuoco celeste che porta all'altro mondo e gli strumenti per accenderlo. Questo scambio tra i due è narrato nel Katha Upanishad.
In omaggio allo spirito di dedizione per la verità e la conoscenza metafisica dimostrato dal giovane ragazzo, Yama diede al fuoco il suo nome. Così esso divenne noto come il triplice fuoco Nachiketas. Le fondamenta di questo fuoco si basano su tre azioni: tapas (austerità), daan (carità) e dhyana (meditazione).

Austerità è la resistenza dei cinque fuochi. E’ nota come Panchagni. Si tratta di un rito di purificazione conosciuto come prayaschitta. In Panchagni si reiste ai primi cinque fuochi esterni: si accendono quattro fuochi e il quinto fuoco è quello del sole. Poi si resiste ai cinque fuochi che si scatenano interiormente: kama (passione), krodha (rabbia), lobha (avidità), moha (attaccamento) e matsara (gelosia). Questo stadio è conosciuto anche come Pashupati vrata, un sacro voto assunto per diventare padroni della natura animale. Poi seguono le cinque meditazioni sul fuoco.

Panchagni è praticato durante Uttarayana, quando il sole si trova nell’emisfero settentrionale, da Makar Sankranti (metà gennaio) a Karka Sankranti (metà luglio). Ci sono due sentieri per la liberazione, conosciuti come settentrionale e meridionale. Panchagni è praticato durante il percorso settentrionale di luce e luminosità. E’ il sentiero da seguire per la liberazione dell’anima. Dopodiché, l’anima può assumere qualunque forma essa scelga. Così, attraverso questa austerità si può ottenere l’immortalità. Il sentiero meridionale costringe l’anima nella morsa del destino. Esso segue il ciclo di nascita e morte.

I meriti guadagnati da questa austerità vengono poi elargiti agli altri in forma di grazia e benedizioni. Questa è la più alta forma di carità. La carità porta alla meditazione spontanea e ininterrotta. In questo stato colui che medita e l’oggetto della meditazione si fondono uno nell’altro. 

La padronanza degli elementi nella loro forma sia fisica sia metafisica è uno dei requisiti per questa pratica. Sono richieste anche devozione pura e inflessibile. E 'ovvio che sono anche necessarie capacità di resistenza e una buona dose di energia. Il voto di panchagni può essere intrapreso per dodici anni, nove anni, tre anni o un anno.

Nel 1990, subito dopo il suo arrivo a Rikhiadham, Swami Satyananda intraprese il voto di Panchagni per nove anni. Nel primo anno sopportò un fuoco per sei mesi e tutti e cinque i fuochi durante Purnima e Amavasya. Nel secondo anno accese due fuochi tutti i giorni e cinque per Purnima e Amavasya. In questo modo ogni anno si aggiungeva un fuoco e, dopo che il quinto anno terminò, egli resistette cinque fuochi ogni giorno per un anno. Questo fu la resistenza dei cinque fuochi esterni.

Dopo sei anni il fuoco fu trasferito ad un altare speciale dove fu ricoperto di cenere ma mantenuto vivo e ardente. Questo fuoco che ardeva sotto la cenere e rappresentava i cinque fuochi interiori, fu custodito per due anni. Ciò fu seguito dal rito del fuoco col mantra per l’ultimo anno, dopodiché fu fatta l’offerta finale o purnahuti. Il suo voto di Panchagni culminò nel 1998. Il Panchagni acceso da Sri Swamiji arde ancora nel Paramahamsa Alakh Bara ed è venerato quotidianamente all’alba e al tramonto con erbe aromatiche.
 






lunedì 9 gennaio 2017

Panchagni – Il Bagno di Fuoco

da http://www.yogamag.net/archives/2002/esep02/panch.shtml



Panchagni – Il Bagno di Fuoco


Swami Satyasangananda Saraswati


Agni è il terzo tattwa che forma il corpo. Esso collega prithvi (terra) e apas (acqua) con vayu (aria) e akasha (etere). Senza il fuoco di agni la grossolanità dei primi due tattwa non può essere affinata nel sottile vayu e nell’ancor più sottile akasha.


Il principio si applica anche nella meditazione. Quando l'energia che giace attorcigliata in muladhara, la sede del tattwa prithvi, passa attraverso il fuoco di agni, essa comincia a brillare con la luce della consapevolezza. A quel punto le esperienze spirituali hanno inizio. L’espressione “agni pariksha”, o la prova di agni, fa riferimento a questo evento.


Sita passò attraverso questa prova prima che potesse unirsi con Rama a Lanka. Prima di ciò, ella era rinchiusa nella casa di un demone con dieci teste. L'allegoria delle dieci teste è facile da capire. Esse rappresentano i dieci sensi che tengono l'uomo per sempre legato ai centri energetici inferiori. Il desiderio dell’esperienza sensuale è originato dal fatto che l'energia è bloccata lì. Al fine di liberare l'energia dalla sua prigionia, il fuoco di tapas, altro nome di agni, è essenziale. Solo il fuoco può spezzare tale prigionia. Anche Sita si impegnò in questa austerità per Rama.


L'ascesa della kundalini è splendidamente allegorizzata nell'unione di Rama e Sita, dopo la prova di agni. Rama non avrebbe potuto accettare Sita finché ella non avesse superato tale prova. Per poter ascendere, Sita, che rappresenta la shakti o energia, ha dovuto liberarsi dalle sue catene. Sebbene anche egli stesse lottando per quell'unione, Rama, che rappresenta la coscienza, non discese. Se invece dell’energia che sale, è la coscienza che scende verso i centri inferiori, l'individuo è distrutto. Tali centri inferiori semplicemente non possono gestire quella forza.


La scienza della kundalini spiega che, una volta che l'energia oltrepassa manipura chakra, sede di agni, essa non ridiscenderà verso i livelli inferiori. Prima di ciò, anche se si risveglia essa può tornare alla quiescenza. Dopo aver passato agni, il potere della coscienza la attira verso la sua dimora in sahasrara. Ciò avviene esattamente nello stesso modo in cui un magnete attrae a sè le limature di ferro. Le due polarità si incontrano e avviene un'esplosione.


C'è un altro punto molto importante da considerare qui. La chiave per aprire la serratura, liberare l'energia dalla sua prigionia e trasportarla in sicurezza a destinazione per riunisrsi con la coscienza può sì trovarsi nel fuoco di agni, ma il codice della chiave spetta alla bhakti. Nessun altro potere può assolvere a questo compito. Bhakti è la devozione incontaminata in cui non c'è spazio per il minimo indugio, inganno, ipocrisia o dubbio. Proprio come il buio si trasforma in luce sotto la luminosità del sole, nello stesso modo tamas e rajas si trasformano in sattwa quando la bhakti fluisce dalla sua dimora alla cavità del cuore.


Anche questo è stato intelligentemente illustrato nel Ramayana attraverso il meraviglioso esempio di Hanuman. Egli è il simbolo della salda, pura e impeccabile devozione a Rama. Nel liberare Sita dalla prigionia di Ravana, egli gioca il ruolo più importante. Senza di lui Rama non avrebbe potuto riunirsi  alla sua amata Sita. Ha attraversato la terra (prithvi) e i mari (apas) per trovare Sita che bramava Rama. Con il fuoco (agni) delle sue tapas egli dà Lanka alle fiamme e, per la prima volta dalla sua prigionia, Sita intravede la speranza di riunirsi presto a Rama. Le allegorie sono incredibili! Hanuman strappa in due il suo petto per mostrare ai devoti il Signore Rama lì seduto con la mano di Sita alzata in segno di benedizione.


”O Agni, guidami sulla retta via”, un'invocazione nei Veda spiega che agni trasforma il movimento dell’energia e, bilanciando le due nadi Ida e Pingala, la dirige nel suo giusto percorso. Prima di ciò, il movimento dell’energia è irregolare, sbilanciato e a volte anche assente.


Quando l'energia raggiunge manipura, la sede del tattwa agni, ha due opzioni: tornare a dormire nuovamente avvolta a spirale come kundalini; oppure perforare il calore di agni e viaggiare verso la luce che emana dal chakra anahata, dove la coscienza riposa nella cavità del cuore.

Agni rimodella tutto ciò che con esso viene in contatto. A volte può modificare completamente l'aspetto, il tatto, l’odore e il gusto, conferendo (all’oggetto) un nuovo aspetto e forse un nuovo destino. Esso agisce come un catalizzatore per il cambiamento attraverso l'alterazione e, spesso, l'annientamento totale. Un nuovo prodotto nasce.


Il fuoco è stato oggetto di culto sin dal lontano passato. Ha permesso all'uomo di prendere visione delle forme che lo circondavano. Lo fece rendere conto della propria identità ed esistenza separata da quella degli altri. In questo senso esso ci introuce al nostro ego. In “Quattro capitoli sulla libertà” Swami Satyananda afferma che l'ego avanza con l'uomo fino ai più profondi stati di meditazione. Tracce di ego si trovano anche nel savikalpa samadhi, lo stadio che precede il nirvikalpa samadhi. Non sarebbe sbagliato affermare che esso agisce anche come la causa dell'esperienza di nirvikalpa, o totale distruzione dell'ego. Esso (il fuoco) consuma lo stesso ego a cui ha dato la luce per creare una nuova forma – quella della consapevolezza unificata. Dopo questo, il compito di agni è terminato. O, più appropriatamente, agni si fonde in quel puro splendente Sè che ha il potere di illuminare se stesso.

continua....