di Swami Niranjanananda Saraswati: pubblicato su Yogamag numero di gennaio 2000
Per capire la crescita e lo
sviluppo della tradizione di Satyananda
Yoga, conosciuta anche come tradizione Bihar
Yoga, dobbiamo comprendere quali sono le componenti e che cosa la renda una
scuola specializzata nell’intera tradizione dello yoga.
Cinquant’anni fa, il lato
filosofico dello yoga era conosciuto da un numero ristretto di persone ma
nessuno conosceva il lato pratico. Si credeva che lo yoga fosse per
rinunciatari, sadhu e sannyasin che avevano rinunciato a tutto e avevano
abbandonato la vita mondana per vivere in contemplazione, meditazione,
riflessione, introversione e isolamento; quel modo di raggiungere la salvezza
non poteva essere adottato da persone comuni inserite nella società in quanto,
nella vita, avrebbero dovuto rinunciare alla maggior parte degli attaccamenti,
desideri, ambizioni e sforzi. Lo Yoga era conosciuto solo come filosofia, come
forma di disciplina che poteva essere utilizzata per rafforzare lo spirito, la
mente, il corpo e la vita. Nel secolo scorso, il sapere teoretico fu diffuso al
pubblico da Swami Vivekananda, Sri
Aurobindo, Ramana Maharishi, Swami Kuvalyananda, Baba Ram Das, Swami Sivananda,
Yogi Ramacharaka e altri.
Tutti questi maestri
seguirono tradizioni e scuole di yoga già consolidate che si dividevano in
scuola del Nord e scuola del Sud. La prima era quella insegnata e praticata dai
rishi e muni della cintura del Gange, cintura del Narmada e Himalayana. La
seconda, era relativa allo yoga praticato dai gruppi di sadhu, santi,
rinunciatari e reclusi, mistici e siddha del Sud. Oggi, il maggiore esponente
di questa scuola è T. Krishnamacharya,
il maestro di Deshikachar e Iyengar.
Così come gli hatha yogi, la scuola meridionale pensa che la perfezione ultima
sia raggiungibile ottenendo una forma fisica perfetta
La scuola del Nord è più
meditativa affondando le sue radici negli Yoga Sutra di Patanjali dove
l’enfasi è sulla gestione della mente, del pensiero e la parte di hatha yoga
viene menzionata di meno. All’interno di questa scuola, ci sono diversi
paramapara, tradizioni e culture che riguardano l’hatha yoga, il kriya yoga, il
kundalini yoga, ci sono raja yogi, jnana yogi e bhakti yogi. Tutti gli yogi
hanno in comune una cosa: lo yoga, una pratica e una disciplina attraverso la
quale è possibile rafforzare la propria natura per realizzare lo spirito umano
e che permette di svegliare il potenziale latente in modo da diventare un
essere umano perfetto e bilanciato in una o migliaia di espressioni che
coinvolgono la vita.
Lo yoga ha due origini, una
proviene dal Tantra e una dai Veda. Il Tantra ha sviluppato una filosofia e una
serie di pratiche che nella tradizione sono conosciute come yogachara, condotta
per gente che pratica il tantra attraverso lo yoga. I Veda, invece, attingono
alle Upanishad. Ognuna di esse rappresenta una linea di apprendimento, una
tradizione, un parampara. Lo yoga diventa il processo che porta al superamento
di corpo e mente e all’esperienza dello spirito.
Solo negli ultimi
cinquant’anni i sadhu più visionari hanno capito che lo yoga sarebbe diventato
un bisogno per la società del futuro. Nella scuola del Nord, il precursore di
questa visione fu il nostro paraguru, Swami
Sivananda che diede allo yoga una svolta dinamica, attingendo dalla
filosofia per mettere poi il tutto in pratica. Il Dashnami sannyasa parampara
al quale apparteniamo segue una tradizione vedica non yogica e all’inizio degli
anni quaranta iniziò ad istruire i sannyasin con un sistema pratico
comprendente hatha yoga, raja yoga, bhakti yoga, jnana yoga, kriya yoga,
kundalini yoga, mantra yoga e ogni altro yoga estratto dalle scritture. Swami
Sivananda diede la possibilità di comprendere lo yoga a tutti, non solo a sannyasin
e yogi ma anche a gente comune.
I suoi insegnamenti erano
così ispiratori che molti sannyasin provenienti dal suo ashram ricevettero il
mandato di propagare lo yoga enfatizzandone un aspetto particolare. Swami Satchidananda che negli USA fondò
il Movimento di Yoga Integrale, si concentrò sulle componenti dell’hatha yoga,
jnana yoga e bhakti yoga. Swami
Vishnudevananda, il cui centro principale si formò in Canada, si focalizzò
nello stabilire e fondare molti Centri Vedanta Sivananda per l’insegnamento
dell’hatha yoga. Swami Venkateshananda
insegnò raja yoga nell’isola di Mauritius.
Il nostro guru, Swami Satyananda il cui mandato comprendeva anche di insegnare yoga
come parte del suo sadhana, enfatizzò lo yoga integrale e altre componenti
provenienti dagli altri yoga ma con maggiore enfasi si dedicò allo yoga
tantrico.
Il sistema di yoga tantrico
comprende le pratiche di kundalini yoga, kriya yoga, mantra yoga, laya yoga e
stadi avanzati di pratyahara e dharana, dhyana e samadhi. Dal lato vedico, Sri Swamiji
prese elementi di bhakti yoga, karma yoga, jnana yoga ,il concetto dei chakra e
sviluppò un sistema di meditazione basandosi sul Tantra e sui Veda (vedi libro
Meditations from the tantras – 1974). I primi insegnamenti furono pubblicati
nel 1971 in
un libro chiamato Tantra Yoga Panorama dove Sri Swamiji esponeva i concetti del
tantra applicabili ai bisogni della società moderna.
Swami Satyananda ispirò la
gente a fare i conti con se stessa attraverso un atteggiamento corretto e
discriminatorio, attraverso azioni e parole che avrebbero portato ad una
trasformazione della personalità umana. La fondazione della Bihar School of
Yoga da parte di Sri Swamiji fu il coronamento di un desiderio di Swami
Sivananda, quello di sviluppare un percorso yogico integrato. Sri Swamiji fu un
pioniere nel portare lo yoga ad un pubblico ampio e nel rompere vecchi miti,
fuori dall’India il Bihar Yoga è conosciuto come la tradizione di Satyananda
Yoga.
Il metodo di insegnamento di Sri Swamiji
Quando Sri Swamiji lasciò
Rishikesh nel 1956 con il mandato e la benedizione del suo guru Swami
Sivananda, iniziò a viaggiare per tutta l’India con l’obiettivo di comprendere
i bisogni della società. Viaggiò dall’Afghanistan allo Sri Lanka, dal Pakistan
a Burma, cercando di verificare cosa avesse bisogno la società. Sri Swamiji
capì che la tradizione vedantica, come filosofia, non sarebbe stata in grado di
aiutare la società in quanto aveva bisogno di fondamenti pratici rintracciabili
nel tantrismo espresso attraverso lo yoga. Sri Swamiji riuscì a valutare il
fatto che lo yoga sarebbe diventato un grande bisogno per la gente, non come
mezzo di salvezza ma come possibilità per ottenere sollievo immediato per
qualsiasi sbilanciamento psicosomatico che avrebbe aggravato la salute fisica,
mentale, emotiva, morale e spirituale.
Sri Swamiji individuò due
approcci per ottenere benessere in un modo positivo, per sviluppare un
carattere integrato, aperto e bilanciato e per incoraggiare la gente a guardare
in faccia la vita. Il primo approccio è quello di capire la natura umana, la
mente, la psiche e lo spirito attraverso le pratiche del raja yoga; superare
gli ostacoli immediati come la frustrazione e l’ego e sviluppare azioni
omogenee e armoniose attraverso il karma yoga; canalizzare le emozioni con il
bhakti yoga; essere capaci di guardare dentro e fuori con pace mentale con lo
jnana yoga; andare a fondo nel sadhana con il kriya yoga, il kundalini yoga, il
nada yoga, lo swara yoga, il mantra yoga e tutte le altre forme di yoga
conosciute.
Per Sri Swamiji, questo
approccio fondamentale andava arricchito con lo stile di vita, la capacità di
guardare la vita con occhi diversi, di vedere il dolore e la sofferenza come
indicatori dello sforzo umano legato al proprio karma. L’insegnamento e
l’istruzione dello stile di vita prese anche altre forme con l’incoraggiamento
di incorporare lo yoga nella vita quotidiana e non solo relegarlo ad espediente
per trovare sollievo in una situazione stressante. In questo modo, proponeva
uno stile di vita alternativo rinfrescando la tradizione dei sannyasin,
enfatizzando il diritto spirituale di ogni individuo di diventare appunto
sannyasin in questa vita. Con questo, Sri Swamiji portò molte persone ad
integrare lo yoga nel proprio quotidiano, fornì a molti un aiuto concreto
insegnando lo yoga come terapia e come mezzo per raggiungere la pace interiore
nel rispetto della diversità di ogni essere umano. La sua idea era che lo yoga
potesse essere applicato a chiunque.
Nella sua prima conferenza
che si tenne a Munger nel 1964, Sri Swamiji disse: “Munger diventerà il centro
dello yoga per il mondo intero e troverà così un posto sulla mappa del mondo”
Molte persone si chiesero se stesse dicendo la cosa giusta e oggi hanno avuto
risposta.
Sri Swamiji aveva un metodo
particolare per insegnare alla gente di paesi diversi, di razze diverse e di
credi diversi. Fu il primo insegnante di yoga indiano che andò in Occidente per
proporre lo yoga in un modo molto specifico. Nel 1968 Sri Swamiji iniziò il suo
primo tour mondiale. Per sei mesi lasciò Munger e piantò i semi dello yoga al
di fuori dell’India. Non solo parlò della teoria dello yoga con termini pratici
e scientifici rendendola comprensibile a tutti ma diede un insieme di pratiche
yogiche in modo che la gente potesse farne esperienza. Nei tour successivi rese
disponibili altre pratiche e principi in modo da ampliare la conoscenza dello
yoga in relazione al corpo umano, alla mente, alla psicologia, alla personalità
e al miglioramento delle qualità umane.
Il piano che Sri Swamiji
attuò fu quello di insegnare yoga in ogni viaggio, asana, pranayama, mudra,
bhanda, shatkarma, teniche di prathyara, di kundalini yoga, tecniche relative
ai chakra , di scardinare i preconcetti che la gente aveva sullo yoga e, allo
stesso tempo, incoraggiandoli e dando speranza. Prima di lui, nessuno aveva mai
insegnato pranayama in quanto considerato materia tabù sia in Europa che in
India.
I suoi insegnamenti ci hanno
fornito di una materia molto vasta senza che fosse vista come impossibile da
affrontare ma, se ci pensiamo bene, è più che sufficiente per un’intera vita.
Io attribuisco allo sforzo di Sri Swamiji il fatto che a tutto il mondo sia
stata fornita la possibilità di approfondire la conoscenza dello yoga. Il suo
stile unico trattava lo yoga sotto ogni aspetto, fisiologico, psicologico e
spirituale. Sri Swamiji vedeva la persona non come corpo ma composta dalle
qualità di testa, cuore e mano, intelletto, emozione ed azione e cercava quindi
di accedere a tutte le tre dimensioni. Chi ha ricevuto questo training è stato
molto fortunato. Oggi, noi riconosciamo che fra tutte le tradizioni di yoga, il
Satyananda/Bihar Yoga è l’unico che integra le dimensioni fisiche, psicologiche
e spirituali in ogni pratica.
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